A proposito del corteo No Tav
Con un po’ di ritardo, proviamo a buttar giù alcune riflessioni sul corteo No Tav a Torino di ieri che è stato sicuramente un successo da un punto di vista meramente quantitativo, mostrando una certa tenuta del movimento, almeno per quanto riguarda la sua capacità convocatoria. Avremmo voluto condividere per tempo alcune criticità che ravvisavamo in questa manifestazione e ci scuseranno i nostri lettori della scarsa puntualità che, non solo in quest’occasione d’altronde, ha mostrato questo blog. Del resto, come cercheremo di spiegare, la scarsa puntualità di questo testo non sarà l’unica ragione per noi di autocritica riguardo il corteo di quest’8 dicembre.
Non ci sembra il caso di dilungarsi troppo sul sit-in Sì Tav di alcune settimane fa, che ha trasformato la tradizionale manifestazione No Tav dell’8 dicembre in un appuntamento che altrimenti non avrebbe certamente avuto la stessa importanza. Ci limitiamo qui a far notare, rispetto a molte analisi che da quel giorno ci è capitato di leggere, che se la manifestazione Sì Tav è stata una manifestazione di classe, per contenuti e composizione come in tanti hanno prontamente sottolineato, questo automaticamente non ha trasformato il movimento, e la manifestazione, No Tav, in un movimento, e in una manifestazione, espressione della classe antagonista alla prima. Il movimento e la lotta No Tav non sono mai stati un movimento e una lotta, tanto per composizione che per contenuti, di classe, e non possono essere certo alcune madamin a farceli diventare.
A rendere del tutto extraordinaria quest’esperienza di opposizione al treno veloce è stata sicuramente la determinazione con cui nel tempo si è sempre continuato, in maniera ostinata, a ribadire quel No. E a tentare di dargli concretezza. Èstato questo a far conoscere la lotta contro il Tav ben oltre i confini della Val di Susa e della stessa Italia e a portare molti a parteciparvi. È stato questo che per molto tempo ha dato al temine No Tav un’accezione ben più ampia di quella originaria, portando molti a utilizzarlo per indicare chi non abbassa la testa davanti alle decisioni dei governanti, chi è disposto a lottare e ribellarsi contro le ingiustizie. Non a caso in diverse occasioni persino in galera, a molti compagni, arrestati per ragioni diverse dall’opposizione al treno veloce, è stato chiesto al termine delle presentazioni di rito tra detenuti: «Ah, allora sei un No Tav?». Questo l’immaginario che la lotta No Tav ha saputo produrre, grazie alla sua determinazione e caparbietà, che ne ha fatto un punto di riferimento per tanti altri, impegnati in lotte anche molto lontane dalla Val di Susa.
Difficile evitare di chiedersi, alla vigilia del corteo di ieri, cosa rimane di quest’immaginario e di quest’esperienza di lotta, dopo che questo movimento ha dato un bel contributo all’ascesa e ai risultati elettorali del M5S. E con che spirito pensare quindi di partecipare al corteo insieme a militanti del partito di governo?
Se nel corso degli anni il Movimento No Tav ha sempre mantenuto un rapporto con pezzi delle istituzioni e soprattutto con amministratori locali contrari all’opera, la rilevanza del fronte istituzionale è sempre stata poca cosa rispetto a ciò che la lotta ha saputo mettere sul piatto in termini di opposizione all’opera. Un rapporto che oggi sembra pressoché invertito, visto che la lotta attraversa ormai da anni grandi difficoltà e il principale strumento d’opposizione al Tav sembra essere proprio la via parlamentare, come hanno del resto confermato molti appelli lanciati ieri dal palco; le speranze di uno stop governativo al treno veloce sono quindi accompagnate da fragorosi silenzi sulle politiche del governo giallo-verde. Un silenzio reso ancor più pesante dalla particolare gravità dei provvedimenti dell’attuale governo e soprattutto dal clima sempre più reazionario che si respira in larghi pezzi della società.
Ogni paragone con il passato e con la presenza, all’interno del Movimento No Tav e delle sue manifestazioni, di pezzi delle istituzioni non ci sembra quindi calzante. Un’era geologica si può dire sia trascorsa da allora. Il fatto poi che molti dei partecipanti al corteo siano critici nei confronti del M5S e vi abbiano partecipato vivendolo come un male necessario, o turandosi il naso, non migliora granché le cose. Forse la scommessa da provare in una giornata come questa sarebbe stata proprio quella di esplicitare con forza la propria contrarietà all’operato di questo governo e alla presenza di pezzi del M5S al corteo e rompere così il silenzio e la cappa che si respira a riguardo. Così da vedere quanti No Tav sono disposti a mettere sul piatto della bilancia il silenzio verso il decreto Salvini, verso il sì al Tap e al terzo Valico tra gli altri, in cambio del blocco della Torino-Lione. Non aver provato a costruire una contestazione forte e determinata al M5S e al suo rappresentante del governo cittadino, Montanari, rappresenta quindi il nostro principale cruccio riguardo questa giornata. Qualche compagno ci ha perlomeno provato, come hanno immediatamente riportato i cavalieri del giornalismo sabaudo, ma con guizzo e fervore dell’ultimo minuto.
Non abbiamo molto da dire, infine, sulla scelta di qualcuno tra i manifestanti antagonisti di difendere il vicesindaco pentastellato e impedire che questa contestazione improvvisata continuasse. Ci sembra sia un atto che si commenti da solo. In ogni caso siamo certi che, centrifugando con l’abituale spregiudicatezza teorica Lenin e Machiavelli, saranno in grado di mostrare come non ci sia alcuna contraddizione tra l’opporsi al decreto Salvini e difendere chi l’ha votato.