Cronache da Milano sotto il coronavirus – Salute II
Ormai in Lombardia siamo al giro di boa, sono passati due mesi dall’inizio dell’allarme Covid 19, dalle prime chiusure e dai primi contagiati riconosciuti.
La coperta corta delle risorse sul territorio è stata strattonata a destra e a manca, le strutture sanitarie e le politiche scelte nelle aree più colpite hanno lasciato che un’infezione, che agli occhi di un occidentale pareva irrealizzabile, dilagasse. Nell’Insubria, nel ricco nord est, la guerra al virus è stata persa con migliaia di vittime sacrificabili e con molteplici effetti collaterali. All’alba della fase due la manfrina è cambiata, dobbiamo imparare a con-vivere con il virus, una convivenza in cui le differenze sociali creeranno anche un differenziale del rischio.
A due mesi di distanza ne abbiamo riparlato con chi lavora negli ospedali meneghini, chi usa i ferri del mestiere e chi riesce a dare un sguardo all’ambito sanitario scevro di retorica.
A Milano è andata male ma poteva incredibilmente andare peggio. La fallacia della risposta sanitaria trova spiegazione nella struttura presente e nei meccanismi di routine del servizio lombardo. La maggior parte dei presidi sono privati e la parte pubblica è fortemente depauperata di strumenti, lavorando continuamente sotto stress, dove non esiste capillarità nella distribuzione di cure, ma accentramento.
Le decisioni che amministratori e direzioni sanitarie hanno preso hanno strappato la già sgualcita coperta. Traslochi di infetti nelle Rsa, scarsità di tamponi, oppure tamponi a pagamento, investimenti edilizi al posto di maggior formazione in ambito sanitario, sospensione delle cure per i malati cronici, impossibilità ad avere una diagnosi in questo frangente. Così si sta acuendo e moltiplicando il problema sanitario.
Qualcuno risponde alle lacune del sistema facendo di testa propria, assieme ai colleghi si organizza per riprendere tutte quelle cartelle cliniche di chi è stato lasciato indietro. Qualcun’altro si domanda come potrà non ripresentarsi più una situazione così critica, se l’origine della malattia e la dinamica del contagio è intessuta nella trama della società in cui viviamo.