Sovversivi

«Probabilmente io mi sono illuso tanto con l’ideale dell’Unione europea. Si dice che l’Unione europea al centro di sé ha l’Uomo, che la dignità dell’Uomo sia inviolabile, che i suoi diritti siano inalienabili: questa veramente mi sembra una utopia. Mi crea una tristezza, mi crea una grande tristezza… che menzogna, veramente! Purtroppo io mi metto a piangere. A volte dico: non è difficile diventare un sovversivo, assolutamente non è difficile diventare un sovversivo di fronte a tanta ingiustizia. Ma sa che le dico? Io mi batterò non con il fucile né con il passamontagna, bensì con la forza della parola e la ragione collettiva. È questo il mio appello a voi, veramente.»

Queste parole ci giungono dalle gabbie di Ponte Galeria e chiudono un racconto esemplare. J. è nato in un paese dell’America Latina. Vent’anni fa emigra in Italia e a Roma trova lavoro come domestico nelle ville dei ricchi. Per sei anni è di casa da Anna Fendi, poi ancora due anni nella villa di un pezzo grosso dei Carabinieri. «Guarda, quella villa che sta di là è la casa del Presidente Leone» – gli dice un giorno qualcuno, indicando giusto oltre il cancello.  Domestico dei ricchi, legge, studia e si informa: è nel continente dei diritti e delle libertà e il suo sogno sarebbe fare il sociologo. Ma i sogni sono sogni, e la realtà è una sola: lui è un proletario come ce ne sono tanti, ed è pure straniero. Non può fare altro che passare da un padrone all’altro senza uno straccio di contratto e senza contributi. Sfruttato e senza permesso di soggiorno: un illegale che si aggira tra i piani alti della borghesia capitolina.

Ora è arrivato il tempo «della pulizia etnica», e l’Italia si è «spogliata della sua onestà per vestirsi di potere». Un giorno la polizia lo prende e lo porta al Centro. Prima due mesi, poi gliene promette altri quattro. Lui ingoia due pile, sperando che qualcuno si accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate, della sua fiducia residua nell’Europa e nell’Occidente. Sta dodici giorni all’ospedale e nessuno va a trovarlo, neanche il suo avvocato. È messo in isolamento, guardato a vista da due carabinieri che la notte fanno casino e non lo fanno neanche dormire: lui reclama, chiede di essere trattato come un paziente qualsiasi, come uno che ha dei diritti ma loro rispondono «tu non hai niente, sei un pezzo di merda e devi stare zitto». Ieri i finanzieri di guardia hanno insistito molto perché fosse dimesso e il dottore alla fine ha obbedito, anche se J. non è ancora fuori pericolo. Ora è di nuovo al Centro, con una pila bloccata nella pancia e senza più illusioni sull’Europa, sui diritti e sulla democrazia. Cerca ancora qualcuno che lo ascolti, e si domanda quale sia la sua strada per cominciare a lottare.

Ascolta l’appello di J.:

[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2009/09/non-e-difficile-diventare-un-sovversivo_ponte_galeria_9_settembre.mp3]

(Dentro al Centro i giornali arrivano con molto ritardo, sempre che arrivino. Solo ieri, dunque, i reclusi hanno potuto leggere gli articoli sulla visita di Fabrizio Santori, Fernando Aiuti e Romulo Salvador del due di settembre scorso. Come ricorderete, questi miserabili truffatori inviati nel Centro dal sindaco Gianni Alemanno avevano urlato ai quattro venti che a Ponte Galeria si sta benissimo, e che tutti i reclusi non fanno altro che ringraziare Croce Rossa e Polizia dell’ottimo trattamento che ricevono ogni giorno.)

Aggiornamento. Questa mattina J. è stato male e, dopo molte insistenze, i suoi compagni di cella sono riusciti a farlo ricoverare in infermeria dove è stato trattenuto un paio d’ore sotto osservazione per poi essere riportato nelle gabbie.

Leggimi in francese.

« Probablement que moi j’avais beaucoup d’illusion concernant l’idéal de l’Union Européenne. On dit que l’Union Européenne met l’être humain au centre de tour, que la diginité de l’être humain est inviolable, que ses droits sont inaliénables : vraiment cela me semble être une utopie. Ça m’attriste énorméméent, ça m’attriste énomément…Quel mensonge vraiment ! Malheureusement cela me fait pleurer. Souvent je dis : ça n’est pas difficile de devenir un subversif, vraiment non ce n’est pas difficile de devenir un subversif face à tant d’injustice.mais vous savez ce que je dis ? Moi je me battrai non pas avec le fusil ni avec le passe-montagne, mais avec la force de la parole et la raison collective. C’est cela mon appel à vous, vraiment. »
Ces paroles nous arrivent de Ponte galleria (Rome) et ferment une histoire exemplaire. J est né dans un pays d’Amérique latine. Il y a 20 ans il émigre en Italie et trouve du travail comme domestique dans des villas de riches. Pendant 6 ans à la maison d’Anna fendi, puis encore 2 ans dans la villa d’une huile des carabiniers. « Regarde, cette villa qui est là c’est celle du président Leone » lui dit un jour quelqu’un, indiquant juste la grille. Domestique des riches, il lit, étudie et s’informe : il est sur le continent des droits et de la liberté et son rêve serait d’être sociologue. Mais les rêves sont des rêves, et la réalité est là : lui c’est un prolétaire comme il y en a tant et en plus étranger. Il ne peut rien faire d’autre que passer d’un patron à un autre sans contrat et sans cotisations sociales. Exploité et sans permis de séjour : un « illégal » qui erre entre les grands projets de la bourgeoisie capitaliste.
Maintenant est arrivé le temps du nettoyage ethnique et l’Italie s’est « débarassée de son honnêteté pour s’habiller de pouvoir ». Un jour la plice le prend et l’emmène au Centre. D’abord 2 mois, puis ils lui en promettent 4. Lui avale 2 piles, espérant que quelqu’un fera attention à lui, à son histoire, à ses aspirations brisées, à sa foi en l’Europe et l’Occident. Il reste 12 jours à l’hopital et personne ne va le voir, même pas son avocat. Il est mis à l’isolement, gardé à vue par dews carabiniers qui la nuit font du bordel et l’empêchent de dormir : lui réclame, demande à être traité comme n’importe quel patient, comme quelqu’un qui a des droits mais eux répondent : « Tu n’as rien, tu es une merde et  tu dois te taire »
Hier les gardes des finances de service ont beaucoup insisté pour qu’il soit « relâché » de l’hopital et à la fin, le médecin a obéi, me si J n’est pas encore tiré d’affaire. Maintenant il est de nouveau au Centre, avec une pile dans le ventre et sans plus aucune illusion sur l’Europe, ses droits et sa démocratie. Il cherche encore quelqu’un qui l’écoute et se demande quelle sera sa route pour commencer à lutter.