Assemblea alla Croce Rossa occupata

Una quindicina di antirazzisti, desiderosi di fare il punto su di un mese di resistenza al Pacchetto Sicurezza, entrano nella sede del Comitato Regionale della Croce Rossa di via Bologna a Torino e – armati di sedie, megafono, registratore, pizzette, striscioni e volantini – si accomodano per dare vita ad una assemblea pubblica. I due poliziotti di guardia intervengono a cose fatte perché al momento dell’irruzione erano impegnatissimi a svuotarsi le narici da vecchie e solidissime incrostazioni: riescono solo a chiudere i cancelli, cercando di non fare entrare altra gente. In rapida successione si presentano sul posto numerosi agenti della Digos, compagni interessati all’assemblea, camionette della Celere ma dopo una mezz’ora di tira e molla i cancelli si riaprono e si può cominciare.

La guantanamo di Bossi

Intanto, qualcuno tra gli occupanti fa irruzione in una stanza a lato del cortile dove si sta tenendo un corso per aspiranti volontari e spiega ai presenti le proprie ragioni: ma proprio mentre si sta cominciando a discutere, la Digos trascina via i contestatori e da qual momento in poi la lezione continuerà protetta da un cordone di celerini alla porta. Oramai gli occupanti in assemblea sono una una quarantina, con intorno i crocerossini che passano, si fermano ad ascoltare, ripartono: qualcuno solidarizza di nascosto, altri non ne vogliono proprio sapere. Vengono fatte ascoltare alcune testimonianze registrate nei Cie gestiti dalla Croce Rossa e letti alcuni appelli, ci si racconta le novità di questi ultimi giorni di resistenza e lotta dentro ai Centri. Dopo un paio d’ore l’assemblea finisce, e si telefona ad alcuni reclusi in vari Cie italiani con cui si è in contatto per raccontare l’iniziativa, che dentro dicono di apprezzare moltissimo. Nel frattempo, e a più riprese, fa anche capolino ma sempre da lontano il solito Massimo Numa. Qualcuno lo riconosce, lo insegue, gli urla dietro, e lui si spaventa e scappa ancora una volta sgommando, questa volta a bordo di una Fiat Grande Punto di colore grigio scuro – guidata da non si sa chi –  in tasca il suo pane quotidiano:  le veline della Digos da cui trarrà il solito, mediocre articolo.

Poi, alle 22.30, escono gli aspiranti volontari, che erano stati invitati a fermarsi all’assemblea da un ulteriore intervento in aula. A molti di loro evidentemente il tema non interessa, visto che neanche si fermano. Quei pochi che rimangono a parlare sono scettici, mettono in discussione l’autenticità delle testimonianze, negano l’evidenza, attribuiscono le responsabilità dei maltrattamenti a poche mele marce, arrivano a dire che comunque non possono denunciare i pestaggi per tutelare la privacy del pestato. Sono preparati, questi studenti, pronti per entrare nei Centri. I più deboli di stomaco tra gli antirazzisti iniziano a raccogliere le sedie e le pizzette avanzate, e in poco tempo il gruppo di contestatori se ne va.

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La guantanamo di Bossi