Fidarsi…

Domani finivano i suoi sei mesi di reclusione e sarebbe dovuto uscire, o almeno così gli aveva promesso la polizia. «Se stai bravo e non fai cazzate venerdì esci» gli aveva detto l’ispettore di Polizia a capo del Centro. E invece alle 4 del mattino Ahmed è stato svegliato da finanzieri, polizia e militari, ha preso le sue poche cose ed è stato portato all’areoporto dove lo aspettava un volo per la Tunisia. Si sa: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E quando si ha a che fare con la polizia non fidarsi è sempre meglio. Ahmed non era certo uno sprovveduto, era dietro le sbarre da quasi un anno e mezzo, rimasto schiacciato come tanti altri dal circuito Cie-carcere-Cie. Prima quasi sei mesi nel Centro di corso Brunelleschi, poi l’arresto per la grande rivolta del 14 luglio dell’anno scorso, e dopo sei mesi di carcere era stato portato nuovamente al Centro. Accusato di aver partecipato alla rivolta dello scorso 28 febbraio, era stato messo in isolamento. Ahmed sapeva bene che l’unico modo sicuro per uscire dal Cie è scappare, ma forse, nella sua cella di isolamento, non poteva far altro che aspettare.

Intanto, tra i reclusi nel Cie di Torino la preoccupazione sta salendo. La legge che prolunga il periodo massimo di detenzione fino a 18 mesi, approvata definitivamente dal Senato il 2 agosto, è stata finora applicata soltanto una volta, ad un recluso serbo espulso pochi giorni dopo. Alcuni sono stati liberati, altri come Ahmed sono stati esplusi proprio allo scadere. L’ispettore capo della Polizia, con fare paternalistico, continua a ripetere che basta fare i bravi e dopo sei mesi si esce. Ma in tanti, soprattutto tra quelli a cui mancano pochi giorni, iniziano a non fidarsi più.