Un pensiero d’estate

 

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Tagli sul corpo e tentativi di impiccagione. Ad alcuni in queste settimane sembra l’unico modo per riuscire a farsi ascoltare nel Cpr torinese. L’aspettativa viene piuttosto delusa quando, non di rado, con qualcuno appeso al cappio, il lavorante di Gepsa si volta dall’altra parte con un annoiato “fa finta“. Sono i reclusi a salvarsi la pelle tra di loro, a loro il compito di capire come giocarsi le strade per la libertà nella consapevolezza generale che è meglio che giocarsi la vita.

Certo, questo caldo e le condizioni detentive non assicurano la miglior prontezza di spirito, ci si aggiungono poi anche i continui pestaggi delle forze dell’ordine. Un racconto tra i tanti: qualche giorno fa un ragazzo tunisino è stato picchiato da diversi agenti dopo che, avendo ricevuto l’ennesimo diniego a una richiesta fatta ai gestori del centro, chiedeva spiegazioni. “La polizia gli ha detto: vieni a vedere. E lui è caduto nella trappola“. “L’hanno massacrato di botte”, dice chi ha visto. “Chiusi qui dentro senza motivo- le persone stanno impazzendo. Tanti motivi. Solo quando sei in una stanza buia con loro capisci le cose. Due volte a settimana, tre, dipende, ci sono pestaggi. Tutti i giorni litighiamo per il cibo. Verso 8,30-9 di sera litighiamo sempre con loro. Ora ci danno sempre solo pane olio, una coscia di pollo, basta. Una zuppa da schifo. Così non puoi andare avanti.

Ed è la sbobba servita quotidianamente come pasto a suggerire un’azione un po’ più collettiva, come quella di alcuni ragazzi dell’area blu che da giorni fanno casino contro gli operatori che consegnano i pasti, in molti buttano il cibo per terra. Il cibo è scaduto, dentro sovente vengono trovati insetti e anche se qualche volta non è deteriorato, è comunque immangiabile.

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Ieri una quarantina di nemici delle espulsioni si sono presentati in corso Brunelleschi per cercare di portare ai detenuti un po’ di sostegno, per parlare dentro con il microfono e per mettere un po’ di musica in grado di superare le alte mura. I ragazzi dentro hanno risposto con molta energia, si sentivano tante voci inneggiare alla libertà. Dopo qualche anno i numeri sono infatti tornati a salire notevolmente, pare che le persone rinchiuse siano ora circa 170 e potrebbero crescere ancora quando finiranno i lavori di ristrutturazione dell’area rossa e di alcune camere di quella bianca. In molti per la mancanza di spazio dormono fuori.

Durante il presidio arriva una chiamata da dentro che viene subito trasmessa e così dalle casse una voce esprime tutto il suo desiderio di libertà e invoglia anche i presenti a intonare cori più rabbiosi. All’improvviso due grossi botti si sentono scoppiare poco lontano e la polizia in forze schierata davanti alla struttura si allarma e si avvicina ai presidianti, i celerini mettono i caschi, il capo-piazza la fascia tricolore e sembra pronta la carica con la Digos che riprende diligentemente la scena. Negli ultimi giorni devono cercare di essere puliti nelle procedure di manganello, un po’ di attenzione si è sollevata su di loro e per aprire teste devono seguire l’iter. Alla fine nonostante la presenza minacciosa non si muovono.

Da dentro ci fanno sapere che due cordoni in antisommossa sono arrivati a controllare anche i detenuti, ci rimarrano ancora qualche ora a tener gli animi a bada con l’idrante. Dalla questura un pensiero d’estate per rinfrescare gli animi, probabilmente.

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