Cinque giorni a Torino

Sui fatti del Parco Stura

1. I fatti
Venerdì 29 settembre, i carabinieri irrompono in un parco a Nord della città, sulle rive dello Stura. Da un paio di mesi si concentrano lì frotte di acquirenti e venditori di sostanze stupefacenti, spinti in periferia dalle retate continue in centro.
È un’operazione in grande stile, organizzata come una battaglia campale. I carabinieri, numerosissimi (alcuni in borghese, altri in divisa e altri ancora in tenuta antisommossa), circondano il parco ed avanzano rapidamente da tutti i lati verso il centro, spingendo i presenti verso l’unico lato ancora libero: il fiume. Tredici giovani senegalesi provano ad attraversare lo Stura: in undici rimangono bloccati su un’isoletta in mezzo alle correnti, gli altri due cadono e scompaiono tra i flutti, sotto gli occhi dei loro amici e degli inseguitori.
I soccorsi partono con fatale ritardo, la rabbia si sfoga con delle sassaiole contro i carabinieri.
L’operazione si conclude con svariati arresti (nessuno per possesso di stupefacenti), e molte espulsioni.
Il pomeriggio stesso, centinaia di senegalesi inferociti istituiscono un presidio permanente sul posto, chiedendo che le salme dei due loro compaesani vengano ripescate e restituite alle famiglie rimaste in Senegal. Bloccano la strada più volte, rischiando lo scontro con le forze dell’ordine. Un corpo viene ripescato il sabato. La domenica alcuni residenti del quartiere protestano vivacemente contro i senegalesi, mentre giornali e televisioni amplificano a tal punto le notizie dei blocchi stradali e del presidio da lasciare in ombra la morte dei due immigrati. A destra come a sinistra si strepita contro il “sindacato dei pusher” che si è impossessato di Corso Giulio Cesare!
Il lunedì, alcuni redattori di Radio Black Out si recano sul posto per portare la propria solidarietà e raccogliere direttamente delle testimonianze. Eccole.

2. Le testimonianze
RbO. Siamo al fondo di Corso Giulio Cesare, sulle rive dello Stura, dove venerdì pomeriggio un blitz dei carabinieri ha portato alla morte di due immigrati. Ma parliamo direttamente con le persone che sono qui da venerdì pomeriggio. Siccome abbiamo solamente le notizie che apprendiamo dai giornali, che sappiamo che vengono appunto… modificate… e poi c’è stata una canea mediatica abbastanza alta in questi giorni… Vorremmo sapere, se è possibile, che cosa è successo realmente venerdì.

T. Quello che è successo realmente è che i poliziotti hanno inseguito dei ragazzi. Beh… questi giovani sono corsi verso l’acqua e ci sono entrati dentro. Due persone sono annegate a cinque metri dai carabinieri, dai poliziotti e dagli agenti in borghese… Li insultavano! Li vedevano annegare e li insultavano, invece di chiamare i soccorsi!
Visto che non l’hanno fatto [chiamare i soccorsi] e se ne sono andati, siamo arrivati noi. Ci hanno chiamato e siamo arrivati noi, per aiutarli. Abbiamo avuto noi l’idea di prendere una corda per aiutare gli altri undici.
Bene, quello che vogliamo… Abbiamo bloccato la strada per reclamare che facciano uscire gli altri due, che sono già morti sicuramente.

RbO. Quindi le ricerche dei corpi ci sono state soltanto perché c’è stato un blocco stradale?

T. Perché abbiamo bloccato la strada! Hanno cominciato le ricerche, ma non avevano niente… Non avevano alcun materiale per poter andare a cercare nell’acqua… Beh, ci siamo calmati, siamo tornati il giorno dopo… abbiamo fatto tutto senza violenza, con molto rispetto… Siamo ritornati per domandarli [i corpi]. Ma loro non avevano portato nessun dispositivo necessario per fare uscire i ragazzi. Ne hanno trovato uno il giorno dopo, e adesso, che sono passati altri due giorni, un altro è ancora lì sotto…

Rbo. Parlando qui, con gli altri, ci hanno detto che è veramente molto importante che vengano ritrovati i corpi [per questioni religiose e culturali].

T. Sì, per riportarli in Senegal, a casa. Ritrovare i corpi, è tutto quello che vogliamo. Il più rapidamente possibile.

RbO. Sentivo prima che la polizia diceva che provano adesso a chiudere le chiuse in modo da abbassare il livello dell’acqua e cercare meglio. Voi adesso cosa pensate di fare?

T. Noi aspettiamo! Aspettiamo con calma, intanto che ci sono le ricerche. Stiamo qui ed aspettiamo. Ma non vogliamo che ci dicano “ci sono le ricerche”, quando invece le ricerche non sono approfondite! Perché sono cento metri, più o meno, non è il mare! Trovare il ragazzo dovrebbe essere molto semplice se solo portassero i mezzi! È questo che vogliamo, che mettano i mezzi! Se non l’hanno trovato è perché non hanno messo i mezzi!

RbO. E noi italiani che vorremmo essere solidali, che cosa potremmo fare per voi?

T. Voi potete aiutarci. Con tranquillità, rispetto, senza violenza, quello che domandiamo è che veniate qui, che veniate qui ad aiutarci. Insieme qualcosa la potremo fare.

….

RbO: Ancora una testimonianza da Corso Giulio Cesare… prego…

T: Saluto tutta la popolazione italiana. Vorrei dire che noi siamo qui da venerdì scorso, alle quattro, da quando abbiamo saputo che dei nostri compaesani, dei senegalesi, sono caduti nell’acqua. È da allora che siamo tutti qua. Noi siamo una comunità molto organizzata, le notizie girano velocemente: appena abbiamo sentito quel che stava succedendo, siamo corsi qui per vedere e siamo rimasti qua, senza fare storie, senza brutalità, e rimaniamo qui perché venga recuperato il corpo per poterlo rimandare giù, a casa, solo questo.
In meno di due anni, in un anno e qualche mese, sono quattro i morti, è troppo! Non è la Polizia, non è la Finanza, sono solo e sempre i Carabinieri! Davvero! Non vogliono nemmeno fare lo sforzo per aiutare le persone [che cadono in acqua].
Nel caso del morto nel fiume Po [maggio 2005], i carabinieri hanno inseguito la gente fino all’acqua del Po. Hanno trovato una persona, laggiù, l’hanno presa… e questo ha detto ai carabinieri: “ero con un amico, lui è caduto nell’acqua!”. E loro non l’hanno cercato! Non l’hanno cercato… hanno preso questa persona, l’hanno portata in caserma e… fine! Il giorno dopo, all’una, l’hanno rilasciato ed è stato lui che ha chiamato la famiglia di quello che era caduto nell’acqua per dirglielo. Ecco, per me, questo non è il lavoro di una persona dello Stato…

Rbo: Questo è un particolare in più, che non sapevamo, delle faccende di due anni fa. Infatti la notizia si era saputa soltanto il giorno dopo…

T: Un uomo di Legge non dovrebbe fare così… un uomo di Legge, anche se fai qualche cosa di grave, anche se fai dello spaccio di droga, dovrebbe prenderti e portarti in prigione e lasciarti lì: meglio che fare morti, meglio che far morire le persone! Non siamo in Iraq, non siamo in Afganistan, non siamo degli animali! Siamo degli esseri umani come voi!
Uno che fa delle cose ingiuste tu lo prendi e lo porti in carcere! Per me, secondo me è questo.
La sera stessa del morto nel Po, i carabinieri, i poliziotti hanno sparato ad un senegalese dentro ad una macchina [maggio 2005], la stessa sera. Una settimana dopo, hanno ucciso un’altra persona [un nigeriano], che è cascata da un palazzo di corso Taranto.
E quest’anno i due senegalesi: tredici persone erano lì e due sono cadute nell’acqua. Noi abbiamo detto ai carabinieri che i nostri amici stavano annegando, e loro non ci hanno risposto niente, eppure erano vicini! Dei nostri compatrioti hanno preso delle pietre per lanciarle ai carabinieri, perché non è giusto! I carabinieri dovevano chiamare i vigili del fuoco per aiutare queste persone. Perché sono delle persone!

Rbo. Mentre i giornali scrivevano che “i delinquenti” lanciavano le pietre anche a chi soccorreva, invece è avvenuto il contrario, è proprio perché non avveniva il soccorso che la rabbia ha portato a lanciare le pietre…

T. I nostri amici sono rimasti nel mezzo dell’acqua. E quindi li abbiamo aiutati noi, con una corda, e sono usciti fuori tutti… Non ho mai visto senegalesi che rubano, non ho mai visto senegalesi che fanno casino! Senegalesi? Può darsi, ma… l’Africa! Ricordate! Ricordate di tanti anni fa, di tanti anni fa, di tanti anni fa… l’Africa era bella! Poi, tutti i nostri beni, tutti i nostri uomini loro li hanno presi per mandarli qua! La tratta degli schiavi!

Rbo: Tornando un attimo a ciò che è successo venerdì, sui giornali si leggeva che era intervenuto l’elicottero della polizia per soccorrere la gente che era lì sopra [sull’isolotto]. Questa notizia è vera o va smentita?

T: Non è vero! L’elicottero era venuto per arrestare i ragazzi, per portarli dai carabinieri, e loro non volevano!

Rbo: Quindi la notizia che l’elicottero dei carabinieri era venuto per soccorrere chi era sull’isolotto in mezzo allo Stura va smentita. Era venuto per arrestare, e come già detto in precedenza l’unica maniera possibile per salvare le persone bloccate in mezzo allo Stura è stata la corda procurata dalla gente solidale che era lì. Hai altro da dire? Hai tutto la spazio che vuoi…

T: Salutiamo tutti i nostri compatrioti senegalesi che sono qui, che hanno fatto tanti chilometri per venire qui, per stare con noi e darci una mano, salutiamo anche tutti gli italiani che sono venuti qua per darci una mano. Perché noi non abbiamo niente qua, non abbiamo madre qua, non abbiamo padre qua, siamo solo noi…

Rbo: Bene, allora noi non possiamo che invitare tutti gli ascoltatori di Radio Black Out a venire qui, da adesso in poi, di venire a dare una mano… siamo qui, si aspetta… sicuramente se si è in un po’, e non solamente neri, le ricerche andranno più veloci e… non ci si sente così soli! In più il quartiere qua è un quartiere ostile, come avete letto sui giornali, per cui è importante anche dimostrare che gli italiani non sono tutti razzisti, che non sono tutti pronti a chiamare la polizia…

T: Quello che vogliamo è soltanto che vengano forniti i mezzi perché venga ritrovato questo ragazzo, perché lui ha famiglia, non è un animale! Domandiamo che il governo faccia tutto il possibile per ritrovare questo ragazzo, altrimenti resteremo sempre qui, anche senza fare niente, ma rimarremo qui.

Tutti i racconti che abbiamo ascoltato al presidio confermano la versione dei fatti riportata nelle interviste: c’è chi toglie dei particolari, e chi ne aggiunge. Un elemento che rende bene il clima di stato di guerra vissuto durante la retata ci è stato fornito da un italiano che ha descritto l’atterraggio dell’elicottero di soccorso (non è chiaro se del 118 o dei vigili del fuoco) sul luogo: invece che personale medico o sommozzatori dall’elicottero sarebbe scesa una pattuglia di carabinieri in tenuta antisommossa!

Un altro elemento che unifica i partecipanti al presidio è la rabbia per le vessazioni che quotidianamente polizia e carabinieri fanno subire agli immigrati durante i fermi in strada e le perquisizioni: violenze fisiche, ma soprattutto il furto di soldi, cellulari ed oggetti di valore.

3. Epilogo
L’appello dei redattori di Radio Black Out a radunarsi sullo Stura per dare solidarietà agli amici degli annegati cade nel vuoto: solo in pochissimi si faranno vedere.
Il lunedì, in serata, ci sarà qualche momento di tensione al presidio tra chi vuole bloccare di nuovo la strada e chi preferisce aspettare. Il martedì la presenza di senegalesi sul posto scema visibilmente, mentre gli italiani solidali continuano ad essere molto pochi. I giornali, intanto, si inventano un episodio di ostilità tra i senegalesi del presidio e “due anarchici” solidali. Poi preannunciano una manifestazione indetta da “anarchici e pusher assieme” alla quale Comitati spontanei e gruppi di commercianti promettono di reagire con le maniere forti. Anche questa notizia è completamente inventata.
La sera del martedì, isolati, i senegalesi decidono di togliere il presidio. Il corpo del secondo annegato verrà ripescato una settimana più tardi e i soldi raccolti per rimandare la salma in Senegal sequestrati durante una perquisizione.