Settimo

Già sei moldavo, e non è una fortuna: tutti ti prendono per rumeno – e quindi pesci in faccia ogni minuto. Però non sei rumeno – niente Unione Europea e quindi ti possono espellere così, in un baleno e senza tanti cristi.
Poi vivi a Settimo torinese, che non è un bel vivere: prendi Torino e la spremi un po’ – tieni solo la nebbia, i palazzoni, le fabbriche, e butti via il casino, i mercati, la gente… ecco Settimo, insomma.
In più casa tua è in un palazzo di vecchi spioni – che non hanno altro da fare nella vita che giocare a bocce e telefonare ai carabinieri.
«Guardi che là, al piano di sopra, vive uno, sa… un extracomunitario, un mezzo rumeno. No, maresciallo, non è che fa casino… no, no, guardi maresciallo… C’ha una faccia, quello lì… come dire… una faccia proprio da clandestino. Sì, da clandestino. Ha capito, neh?»
Sei moldavo, sei clandestino, vivi a Settimo in un palazzo di vecchi spioni: se suona il citofono quando non aspetti nessuno, che fai? Ti butti dalla finestra. E fai bene, perché a suonare è il maresciallo – l’amico della vecchia.
Così i carabinieri salgono di corsa le scale, ti sfondano la porta – però non ti trovano. Tu sei sotto, in cortile, che zoppichi, una gamba fracassata, ma libero: in culo ai carabinieri.
Ti nascondi per un po’, poi ti trascini all’ospedale.
Il dottore è gentile: «è proprio qui che le fa male, neh?». Ti fa le lastre, poi ti fascia. Una pasticca contro il dolore. Ti chiede come stai.
Poi va nell’altra stanza: senti che telefona. È proprio gentile il dottore.
Finalmente tiri il fiato e ti appisoli.
Dopo un po’ si apre la porta. Sono in quattro, ti circondano. Dietro il maresciallo, che stringe la mano dal dottore. Espulso.
Proprio un posto di merda, Settimo.