Lessico

«Sangue italiano».
E non «morto soldato italiano»; neanche «sangue in Afghanistan»; e nemmanco «ucciso un italiano»… No, proprio queste due parole: «sangue» e «italiano». E proprio così abbinate.
Questa l’apertura di Leggo, stamattina.
Leggo – lo sapete – è un giornaletto gratuito, ed è distribuito nelle stazioni, agli incroci, alle fermate dei tram. Dunque, questo titolo – «Sangue italiano» -, stamattina l’hanno adocchiato centinaia di migliaia di persone. Magari non l’hanno letto, il giornale, ma quel titolo sì, quelle due parole lì frulleranno loro nella testa per tutta la giornata.

«Sangue italiano». Alla lettera, non vuol dire nulla. Il sangue di un italiano è identico a quello di un portoghese. Di più: il sangue di un bergamasco anemico è più simile a quello di un lusitano anemico che a quello di un qualsiasi lombardo sano. Banalità.

«Sangue italiano»: una cosa che non c’è – che proprio non c’è, fisicamente. Avessero scritto «soldato italiano», o anche solo «italiano», ci avrebbero descritto una cosa che, ci piaccia o no, c’è: un punto dentro ad un insieme che ha dei limiti più o meno definiti. Gli italiani: «umani provvisti di cittadinanza di uno Stato che si chiama Italia.»

«Sangue italiano»: una cosa che non c’è – un mito. Il mito del sangue, e della razza.

«Sangue italiano». Ieri sera Giuseppe Rossi – il direttore responsabile di Leggo – ha scartato con un gesto netto della mano tutti gli altri titoli e ha detto: «No, no. È questo». I direttori degli altri quotidiani si sono attenuti alle consuete amenità: i soldati italiani sono in Afghanistan per affermare la pace, oppure per affermare la democrazia, o addirittura la civiltà…
Il direttore di Leggo ha osato di più: in questo momento, nelle scuole e nelle fabbriche, in mezzo alla strada e nei bar, nella testa di centinaia di migliaia di persone si sta insinuando l’idea che i soldati italiani siano in Afghanistan per affermare la propria razza, per realizzare il destino che è inscritto dentro al proprio sangue. Saranno pochi, certo, quelli che pensano che questo sia vero, o addirittura giusto e desiderabile. Ma in tutti loro rimarrà la sensazione che questo dei “destini del sangue” stia tornando ad essere un modo tra i tanti per leggere la storia ed il mondo, e non un mostro che si sperava sepolto per sempre.