Connecting People e gli autogol
GRADISCA. Rinchiusi in 40 in una stanza da otto, sono riusciti a fuggire dal Cie. È iniziata così la seconda evasione di massa dalla struttura per immigrati in appena due settimane. L’episodio si è verificato nella notte fra mercoledì e giovedì, attorno alle 3. Ancora una volta gli immigrati rinchiusi nel Cie – in larga parte tunisini – sono riusciti ad arrampicarsi sul tetto del complesso e a tentare la fuga lanciandosi oltre il muro di cinta, nel vuoto, da oltre 4 metri d’altezza: questa volta è andata bene a 17 di loro, riusciti a far perdere rapidamente le proprie tracce nella campagna circostante avvolta dall’oscurità. Le ricerche che ne sono seguite non hanno prodotto risultati. Più o meno altrettanti, 19, sono stati invece immediatamente ripresi dalle forze dell’ordine.
Nella notte fra il 5 e 6 maggio erano riusciti a darsi alla macchia in nove. Ma questa volta, oltre che per i numeri, l’evasione è clamorosa anche per la ricostruzione che ne è stata fatta nel primo pomeriggio di ieri. Un folto gruppo di clandestini, sembra in tutto 39, di etnia maghrebina e apparsi particolarmente “caldi” nelle ore precedenti, sarebbe infatti stato rinchiuso in una stanza da appena 8 posti allo scopo di limitarne le velleità di rivolta e – chissà – le possibilità di fuga. E invece la scelta si è rivelata un’arma a doppio taglio. I nordafricani – altro fatto incredibile – sono riusciti a raggiungere il tetto forzando la stessa, medesima grata utilizzata nella fuga di due settimane prima. Si tratta di un pertugio collocato in una sorta di atrio d’ingresso della cella vera e propria. Quella grata l’hanno forzata facendo leva tutti assieme, a turno, probabilmente anche grazie a qualche spranga nascosta con cura nella stanza. A quel punto, hanno agevolmente avuto accesso al tetto della struttura e hanno potuto portarsi in un attimo davanti all’ultima barriera, lasciandosi andare nel vuoto prima di correre a perdifiato nella notte. Fra loro anche l’immigrato che nei giorni scorsi si era cucito per protesta la bocca con ago e filo, venendo ricoverato d’urgenza al nosocomio goriziano. A differenza di altre occasioni, nessuno ha rimediato conseguenza nel volo oltre il muro di cinta. Solo l’immediato intervento della vigilanza, invece, ha scongiurato un’evasione più massiccia. «Essere riusciti a riprenderne la metà è già un ottimo risultato per come si era messa la situazione», riflette il segretario provinciale del Sap, Angelo Obit. Che pone l’accento sulle responsabilità dell’ente gestore, il consorzio Connecting People: «Non solo la scelta di rinchiudere 40 immigrati in una stanza da otto persone si è rivelata un autogol, anche perchè il tutto è avvenuto nello stesso atrio di due settimane prima – afferma – ma la decisione non era neppure stata comunicata al personale deputato alla sorveglianza esterna. Solo la prontezza delle forze dell’ordine ha limitato i danni: bloccare tutti i fuggitivi sarebbe stato fisicamente impossibile».
Da il Piccolo del 21/05/10