Dal Giappone

«In un centro di detenzione per immigrati molti stranieri sono in sciopero della fame da più di una settimana per protestare contro la reclusione forzata e per chiedere chiarezza sulla morte di un prigioniero africano. Circa 70 detenuti – molti dei quali pakistani e cingalesi – rifiutano il cibo dal 10 di maggio, e secondo i solidali da fuori, anche per denunciare i suicidi di due reclusi, uno brasiliano e uno sudcoreano.
La protesta è montata all’indomani della visita di un inviato delle Nazioni Unite, Jorge Bustamante, che in Marzo aveva espresso preoccupazione sulla detenzione spesso pluriennale subita dagli immigrati irregolari (tra cui genitori con bambini e richiedenti asilo rifiutati).

Circa il Centro per Immigrati del Giappone Orientale a Ushiku, a nordest di Tokyo. Kimiko Tanaka, membro di un gruppo locale di diritti umani, sostiene che “i detenuti soffrono di disturbi mentali a causa di una detenzione così lunga”. In Giappone le politiche d’immigrazione sono rigidissime e l’anno scorso, a dispetto degli aiuti versati oltremare per i rifugiati, ha concesso asilo politico soltanto a 30 richiedenti.
Attivisti dei diritti umani, avvocati e comunità straniere protestano da anni contro le condizioni di Ushiko e di altri due centri del genere, nella prefettura Osaka e nella prefettura di Nagasaki.

“A Ushiku i detenuti sono circa 380, in celle di 20 metri quadri in cui stanno otto o nove persone”, afferma Tanaka, membro del gruppo di studio dei problemi del centro di detenzione di Ushiku. “Sono stipati in minuscole celle piuttosto sporche, e molti contraggono malattie della pelle” dice all’AFP.
Gli scioperanti denunciano le condizioni di prigionia e le limitazioni imposte alla loro libertà di culto e in una dichiarazione pubblica sostengono che “gli stranieri sono esseri umani come i Giapponesi”, denunciano che “l’Ufficio Immigrazione costringe i richiedenti asilo a lasciare il suolo giapponese tramite una lunga detenzione, tramite l’impossibilità di praticare i loro culti, scoraggiandoli in ogni modo, torturandoli nel corpo e nell’anima”. “Il Giappone, un paese democratico, non dovrebbe fare ciò, in nessun caso”, concludono.
La protesta è scoppiata alcune settimane dopo che un ghanese, Adubakar Awudu Suraj, è deceduto in circostanze misteriose, quando agenti dell’Immigrazione giapponese scortarono l’uomo ammanettato fino ad un aereo per Il Cairo.
“La polizia ha condotto un’autopsia, ma non ha scoperto la causa del decesso” afferma un poliziotto dell’aeroporto di Narita, quando la compagna giapponese dello straniero ha chiesto spiegazioni alle autorità.
Gli attivisti credono che sia stato imbavagliato con un asciugamano, come accadde in un caso simile, non fatale, nel 2004, quando una donna vietnamita fu ammanettata, imbavagliata con nastro adesivo e avvolta da lenzuola in occasione della sua espulsione.
I reclusi in sciopero della fame inoltre protestano per la morte volontaria che si son dati un 25 enne brasiliano e di un sudcoreano di 47 anni, vittime del trattamento che i detenuti stranieri subiscono in Giappone.
“Sono stati terribili incidenti. Il problema è che un numero sempre maggiore di stranieri non accetta l’espulsione, nonostante vi siano leggi chiare in merito” afferma un agente del centro di Ushiku, che chiede di rimanere anonimo.
L’agente sostiene anche che il numero di richiedenti asilo è raddoppiato dal 2008 a causa dei tumulti in Thailandia e Sri Lanka. Lo scorso anno 1388 persone, tra cui 568 thailandesi e 234 cingalesi, hanno cercato asilo in Giappone.
Le autorità dell’Immigrazione giapponese hanno già avuto a che fare con scioperi e proteste. Due mesi fa, 73 prigionieri del centro di Osaka sono stati in sciopero della fame per due settimane.
“Se avessero continuato, ci sarebbero stati morti come a Ushiku” dice Toru Sekimoto, che guida il gruppo locale di supporto TRY, il quale ha ottenuto il rilascio, seppur temporaneo, di gran parte degli scioperanti.
Hiroka Shoji di Amnesty Internetional Japan dice: “I centri di accoglienza sono stati concepiti come posti dove le autorità trattengono gli stranieri per un breve periodo prima dell’espulsione. Ma come risultato abbiamo avuto persone recluse per oltre due anni. Il governo deve introdurre un limite alla detenzione”.
Un dipendente del ministero della giustizia, che vuole rimanere nell’anonimato sostiene che “Il governo intervisterà i reclusi in sciopero del centro e prenderà misure appropriate”».

Harumi Ozawa (AFP)

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