Extracomunitari, meglio in divisa e armati

Rovigo, 02 agosto 2010 Il dado è tratto e i cantieri per trasformare l’ex base missilistica di Zelo (Rovigo) nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) del Veneto, dovrebbero partire già entro la fine dell’anno. Non c’è ancora una comunicazione ufficiale, ma sembra proprio che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, sia pronto a oltrepassare non la linea del Rubicone, bensì quella del Tartaro, il fiume che divide in due questa Rio Bo al confine tra le province di Rovigo e Verona. Una scelta condivisa in primis con il presidente della Regione, Luca Zaia e, a quanto pare, caldeggiata anche dal sindaco Flavio Tosi che, altrimenti, avrebbe avuto il suo bel daffare per spiegare a Verona e dintorni la collocazione a Bovolone o Isola Rizza, in pole position nelle scorse settimane. Dismessa definitivamente nel maggio 1999, la base di Zelo, del resto, ha tutte le carte in regola per ospitare uno di questi centri di identificazione per clandestini, considerati alla stregua di campi di concentramento da associazioni come Amnesty International e Medici senza frontiere.
A disposizione ci sono ben venti edifici, pronti a trasformarsi in camerate per gli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno. L’insieme dei capannoni offre una superficie di circa diecimila metri quadrati coperti, disseminati in un’area scoperta prossima ai settantatremila. E, sopratutto, non ci sono grossi centri abitanti nei paraggi e, dunque, si limita il numero dei potenziali scontenti. In paese, però, ignorano di essere diventati l’oggetto principale del dibattito politico in Veneto, con il centrodestra pronto a dividersi (già iniziate le scaramucce tra il Pdl polesano e quello veronese) e il centrosinistra deciso a schierarsi con un no netto, attraverso l’annuncio di un’interrogazione urgente per iniziativa del consigliere regionale polesano del Pd, Graziano Azzalin. Varcata la soglia del bar Sole in via Roma a Zelo, la via principale in un centro con non più di cinque strade, la notizia che sta per arrivare nell’ex base una struttura detentiva per clandestini è comunque un buon motivo per interrompere la milionesima partita a briscola. Già, perché la sorpresa è davvero tanta: nessuno sa nulla. O meglio, tutti sapevano che la base sarebbe stata presto recuperata, ma ciascuno offre una versione diversa sul progetto da realizzare. Quattrocento abitanti, quattrocento versioni differenti.
C’è chi parla di un fantomatico ingegnere intenzionato a costruire un campo energetico solare, chi invece assicura che l’Aprilia sia lì lì per impiantare un centro collaudi per le proprie motociclete o, ancora, chi indica addirittura un’opzione dal nome esotico: art expo. «E’ passato qui un imprenditore di Padova – racconta la barista Antonella – e aveva assicurato che erano pronti ad aprire un’esposizione di arte contemporanea nella vecchia base missilistica. Mi ero anche resa disponibile a gestire il bar lì dentro». Ma del Cie non vi è alcuno che sappia qualcosa. La notizia appena appresa non viene certo accolta con favore. «Caspita, abito proprio lì vicino – riprende la ragazza – se qualcuno scappasse di là, non so se potremmo stare tranquilli. Non mi si fraintenda: qui un quarto degli abitanti è straniero e sono tutti lavoratori bene integrati. Ma quelli chi li conosce?». C’è un altro tipo di extracomunitario che, invece, sarebbe ben gradito: il miltare statunitense. L’esercito Usa, del resto, da queste parti c’è stato dal 1964 al 1988, distaccato presso la 79˚ squadriglia intercettori teleguidati, che aveva le chiavi della base. «Altro che Cie, qua ci riprenderemmo volentieri gli americani – dice convinta una ragazza – a Vicenza non li vogliono più? Li mandino qua al posto dei clandestini». Chi ha i capelli bianchi ricorda quel periodo come una sorta di età dell’oro. Poi il declino del paese, testimoniato dalla vecchia trattoria ormai diroccata su Strada Oratorio o dallo strano «grattacielino» di cinque piani che si erge arrogante attorniato da casette basse, tanto malconcio da ricordare una casa abbandonata in fretta e furia in uno scenario di guerra. Qualche voce fuori dal coro dei no al Cie, comunque, c’è. Al negozio di alimentari il proprietario Giorgio Mariotti accoglie con favore la notizia: «Era un peccato che la struttura fosse abbandonata. Se arrivasse questo centro, sarebbe una bene per il paese». Una vecchia signora dall’aria mite annuisce: «Ha ragione, basta che ci assicurino che quella gente non esca di l
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(Corriere del Veneto)