Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

Dopo qualche mese dall’uscita di Joy dal circuito Cie-carcere-Cie, ci siamo incontrate all’interno dell’appuntamento nazionale di Torino contro i Cie e le espulsioni (21-24 ottobre) per confrontarci tra compagne provenienti da varie città sul proseguimento della lotta contro i lager della democrazia.

L’imminente scadenza del 2 dicembre, giorno fissato per l’udienza preliminare dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso (alle ore 12), ci ha trovate ancora una volta unanimi nel rifiutarci di delegare allo Stato e ai suoi tribunali l’accertamento di una verità che già da un anno andiamo ribadendo: nei Cie la polizia stupra.

 

Una verità che è emersa non appena la legge Turco-Napolitano ha creato i Cpt, nel 1998. La quotidianità di ricatti sessuali e stupri contro le donne immigrate da parte di uomini in divisa dentro e fuori i lager della democrazia è, per noi, un dato di fatto. Come è un dato di fatto il sistema di connivenze che garantisce a questi aguzzini la licenza di fare ciò che vogliono dei corpi di uomini e donne reclusi nei Cie e in ogni altra istituzione totale.
I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono magistrati che denunciano le donne che, come Joy ed Hellen, hanno il coraggio di rompere il silenzio. Ricordiamo, infatti, che Antonella Lai, in qualità di giudice del processo contro le/i rivoltose/i di Corelli, in sentenza ha disposto la trasmissione degli atti alla procura per il reato di calunnia contro le due ragazze nigeriane.
I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono quelli che, come Massimo Chiodini, responsabile della Croce Rossa nel lager di Corelli, pur di garantirsi lauti profitti sono disposti a testimoniare il falso e a coprire gli abusi. Ma d’altronde che aspettarsi da chi ha scelto di ingrassare il proprio portafogli lavorando per gli enti gestori dei Cie? Che si chiami Croce Rossa o Lega Coop per noi non fa alcuna differenza, e ci fa lo stesso schifo.
I Vittorio Addesso possono esistere perché sanno che questori come Vincenzo Indolfi – ex questore di Milano, recentemente promosso a prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del consiglio dei ministri – e ministri come Roberto Maroni faranno di tutto per espellere quell’immigrata che osi denunciare un poliziotto per violenza sessuale nel Cie.
Le continue ribellioni e fughe dai lager della democrazia dimostrano una sola cosa: i Cie vanno chiusi senza se e senza ma. Di quei luoghi non possono che rimanere macerie, per ricordare che per creare tali abominii non c’è bisogno di un regime nazista ma è sufficiente la logica disumanizzante dello sfruttamento di donne e uomini.
Non intendiamo essere complici di uno Stato che, dopo aver fatto di tutto per chiudere la bocca ad una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro il suo aguzzino, ancora una volta utilizzerà la logica ipocrita delle “mele marce” per farsi garante della giustizia.
Marcio, per noi, è tutto il sistema: chi costruisce i Cie, chi li gestisce, chi deporta donne e uomini immigrati e rom, chi discrimina a colpi di leggi, chi sfrutta lavoratori e lavoratrici, chi fa della sicurezza un’arma di comando e controllo, chi usa gli stupri per criminalizzare in base al passaporto e tace sulle violenze quotidiane che avvengono nella “sacra famiglia”, chi condanna le donne che reagiscono, senza delegare, a vessazioni e violenze.
Siamo dalla parte di chi si ribella, perché anche noi ci ribelliamo quotidianamente.
Non ci interessano i rituali e le ipocrisie di chi si dichiara contro la violenza sulle donne e poi distingue o strumentalizza in base alle proprie convenienze.
Il 25 novembre 2009, quando ci siamo mobilitate contro i Cie in diverse città in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Milano la polizia caricò con violenza e ripetutamente il presidio in piazzale Cadorna perché uno degli striscioni esposti diceva a chiare lettere che “Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra”.
Quelle cariche avevano, da parte della questura milanese, il chiaro obiettivo di stroncare sul nascere lo smascheramento di connivenze e coperture sulle violenze sessuali nei Cie. Di molestie e stupri nei Cie non si doveva parlare, perché questo avrebbe aperto un varco nella cloaca del dispositivo. Ma il poliziesco atto di forza in piazzale Cadorna si palesò immediatamente per quanto era in realtà: un grande atto di debolezza e paura nei confronti di pratiche ed enunciati che andavano formandosi.
Nei mesi successivi intimidazioni e denunce si sono susseguite nei vari territori contro chi andava ribadendo la realtà della violenza quotidiana nei lager della democrazia, in particolare contro le donne immigrate. Tutto questo non ci ha fatte arretrare di un passo!
Ad un anno di distanza proponiamo che il prossimo 25 novembre sia l’inizio di una settimana di lotta contro i Cie come luoghi di sopruso ed abominio, dove la violenza di genere è pratica quotidiana, una lotta che ciascuna realtà declinerà come vuole nel territorio in cui agisce per poi convergere a Milano il 2 dicembre in un presidio sotto al tribunale, consapevoli di non essere lì per sostenere una “vittima”, ma una donna che si è ribellata alla violenza di un uomo – di un uomo in divisa.
E non sarà che un nuovo inizio…

Tutte quelle che non intendono essere complici

 

Du côté de qui se rebelle. Toujours !

La date imminente du 2 décembre, jour fixé pour l’audience préléminaire de l’inspecteur chef de police Vittorio Addesso (à 12h) nous a trouvé encore une fois unanime dans le refus de déléguer à l’Etat et à ses tribunaux l’assertion d’une vérité que depuis un an déjà nous ne cessons de répéter : « Dans les centres de rétention la police viole »

Une vérité qui est apparue à peine la loi Turco Napolitano  a créé les centres de rétention en 1998. La quotidienneté des chantages sexuels et des viols contre les femmes immigrées de la part des hommes en uniforme à l’intérieur et à l’extérieur des camps de la démocratie est pour nous un fait établi. Comme est un fait établi le système de connivence qui garantit  à ces geôliers le droit de faire ce qu’ils veulent des corps des hommes et des femmes enfermés dans les CIE et dans toute autre institution totalitaire.

Les Vittorio Addesso peuvent exister parce qu’il y a des magistrats qui dénoncent les femmes qui comme Joy et Hellen ont le courage de rompre le silence. Rappelons nous en effet qu’Antonella Lai, en qualité de juge dans le  procès contre les révolté/es de Corelli, a ordonné dans son verdict la poursuite des 2 jeunes Nigérianes pour délit de calomnie.

Les Vittorio Addesso peuvent exister parce qu’il y a ceux qui comme massimo Chiodini, responsable de la Croix Rouge dans le lager de Corelli pour se garantir de somptueux profits sont disposés à faire de faux témoignages et à couvrir les abus. Mais de toute façon à quoi s’attendre de quelqu’un qui a choisi pour engraisser son propre portefeuille de travailler pour les gestionnaires des centres de rétention? Qu’ils s’appellent Croix Rouge ou Lega Coop, pour nous il n’y a aucune différence et cela nous dégoute tout autant

Les Vittorio Addesso  peuvent exister parce qu’ils savent que les préfets comme Vincenzo Indolfi, ex préfet de Milan, récemment promu inspecteur général de l’administration du conseil des ministres, et des ministres comme Roberto Maroni useront de tout leur pouvoir pour expulser ces immigrées qui osent dénoncer un policier pour violence sexuelle dans un centre de rétention.

Les incessantes révoltes et évasions à l’intérieur des camps de la démocratie démontrent une seule chose : les centres de rétention doivent être fermés sans conditions. De ces lieux ne peuvent rester que des ruines pour rappeler que pour créer de tels abominations il n’y a pas besoin d’un régime nazi mais qu’il suffit juste de la logique déshumanisante  de l’exploitation des femmes et des hommes.

Nous n’entendons pas être complices d’un Etat qui après avoir tout fait pour imposer le silence à une femme qui a eu le courage de se rebeller contre ses  tortionnaires utilisera une fois de la logique hypocrite du « fruit pourri » pour garantir la justice. Pourri pour nous est tout le système : qui construit les centres de rétention, qui les gère, qui déporte les hommes et les femmes immigrés et Rroms, qui discrimine à coups de lois, qui exploite les travailleurs et les travailleuses, qui fait de la sécurité une arme pouvoir et de contrôle, qui utilise le viol pour criminaliser sur la base du passeport  et se tait sur les violences quotidiennes commises au sein de la « sacro sainte famille », qui condamne les femmes qui réagissent sans médiation aux
vexations et violences.

Nous sommes du côté de qui se rebelle parce que nous aussi nous rebellons quotidiennement.
Cela ne nous intéresse pas les rituels et les hypocrisies de ceux qui se déclarent contre les violences faites aux femmes et les instrumentalisent sur la base de leurs propres intérêts.

Le 25 novembre 2009 quand, dans différentes villes, nous nous sommes mobilisées contre les centres de rétention à l’occasion de la journée contre les violences faites aux femmes, à Milan , sur la place Cadorna,la police a chargé violemment et à plusieurs reprises le rassemblement parce que l’une des banderoles disait en lettres claires que « Dans les prisons pour étrangers la police viole ».
Ces charges avaient comme clair objectif de la part de la préfecture milanaise de casser dans l’oeuf la mise à jour des connivences et de couvrir les violences sexuelles commises dans les centres de rétention..
De violences et de viols dans les centres de rétention il ne fallait pas parler parce que cela aurait ouvert une brèche dans le cloaque du dispositif.
.Mais le coup de force de la police sur la place Cadorna de Milan est apparu immédiatement pour ce qu’il était en réalité : un acte de faiblesse et de peur face aux pratiques et aux énoncés que nous nous étions en train d’élaborer.
Dans les mois qui ont suivis, intimidations et plaintes se sont poursuivis dans différents endroits contre qui continuait à dénoncer la réalité des violences quotidiennes dans les camps de la démocratie, en particulier contre les femmes immigrées. Tout cela ne nous a pas fait reculer d’un pas. Un an après, nous proposons que le prochain 25 novembre soit le début d’une semaine de lutte contre les centres de rétention comme lieu de viols et d’abomination où la violence de genre est pratiquée quotidiennement, une lutte que chaque réalité déclinera comme elle le veut sur son territoire pour ensuite converger à Milan le 2 décembre pour un rassemblement devant le tribunal, conscients de ne pas être là pour soutenir une « victime » mais une femme qui s’est rebellée contre la violence d’un homme, d’un homme en uniforme. Et ce ne sera qu’un nouveau début….

Toutes celles qui n’entendent pas être complices