La fiducia

Alcune recenti riflessioni sui limiti del movimento contro le espulsioni, così come si sta esprimendo oggi in Italia, hanno fatto sorgere in alcuni la domanda «e allora, voi cosa avete da proporre, oltre all’informazione, oltre ai presidi sotto al Cie?». Domanda sempre legittima, per carità. Ma a questo proposito, non bisogna pensare che sia necessario uno sforzo sovraumano di fantasia. In fondo, basta guardarsi attorno. A quello che succede al di là delle Alpi, per esempio in Francia o in Belgio, o anche solo a tante delle piccole o grandi iniziative capitate negli ultimi anni in giro per l’Italia.

Oppure, basta guardare a quello che succede in questi giorni qui da noi, anche se al di fuori dell’ambito cosiddetto “antirazzista” – termine peraltro sempre più insufficiente a comprendere, criticare e attaccare la realtà della macchina delle espulsioni e delle prigioni per senza-documenti. Ad esempio, una buona proposta su quale sia una delle tante possibilità emerge dagli scontri avvenuti a Roma durante il “giorno della fiducia” al Governo… eccola:

Un gruppo di giovani circonda e si accanisce su di un malcapitato agente della Guardia di Finanza. Bravi, ma cosa c’entra tutto questo con i Cie e tutto il resto? Beh, basterebbe provare a chiedere cosa ne pensa quel recluso del Cie di Torino pestato da tre grossi finanzieri qualche giorno fa. O ai tanti altri che possono raccontare storie simili.

Siamo abbastanza sicuri che queste immagini, che questi racconti li rincuorerebbero, così come hanno rincuorato noi, più di interminabili ore passate al telefono a piangersi addosso. Perché sono la dimostrazione pratica che i reclusi non sono soli a battersi contro la polizia; che se lo si vuole davvero, esistono i tempi e i modi, tanti modi, anche lontano dai grossi cortei o dai flash dei giornalisti, per restituire al mittente tutte le angherie, i soprusi, le prepotenze che ogni giorno siamo costretti a subire; che esistono i tempi e i modi per smetterla di ingoiare, e sputare in faccia ai nostri nemici tutta la rabbia che abbiamo dentro. Di vitamine abbiamo bisogno, non di lacrime. E non è da ieri che lo andiamo ripetendo.