Da Lampedusa a Parigi: cariche, contro-cariche e vasi di geranio

Quattro maggio, ore sedici e trenta. Poco prima delle due, su domanda del Comune di Parigi, quasi 300 sbirri (con un elicottero equipaggiato di due telecamere) sono intervenuti per sgomberare l’edificio al numero 51 di Avenue Simon Bolivar ed arrestarvi i tunisini del Collettivo da Lampedusa a Parigi.

La porta ha tenuto un po’ dal lato esterno, resistendo ai gendarmi, e soprattutto dall’interno, da dove la sessantina di clandestini e la ventina di compagni tornati o restati per difendere lo spazio hanno difeso il passaggio in una massa umana rafforzata da assi-scudi. Dopo un tempo che ci è sembrato infinito, fatto di rabbia e collera, i gendarmi hanno spezzato la nostra resistenza e si sono letteralmente gettati, manganello alla mano, alla caccia. Un primo gruppo [di occupanti, NdT] si è rifugiato al piano superiore, un secondo, con la maggior parte dei compagni, nel sottosuolo. Questo secondo gruppo, vedendo poi che la porta non era tenuta che da quattro grossi agenti in civile, ha lanciato una contro-carica, schiacciando i piedipiatti al proprio passaggio verso l’uscita. Qualche tunisino che era con noi è riuscito a scappare, prima che gli sbirri che stavano fuori ci fermassero e ci mandassero a raggiungere il centinaio di manifestanti disposti lontano, all’esterno.

Più di 100 tunisini sono stati caricati su tre furgoni e portati ai commissariati del 19° e 20° arrondissement (così come una quindicina di compagni presi durante gli scontri che ne sono seguiti). Per tutta la durata di questa retata super muscolosa (il ministro dell’Interno Guéant è venuto di persona al municipio del 20° arrondissement poco prima dell’operazione), il centinaio abbondante di manifestanti (gli occupanti ed i loro amici, più un presepe di sinistri, venuti, per la maggior parte, per fare bella figura) non ha ceduto di fronte agli sbirri, gridando “Libertà! Libertà!” agli immigrati tunisini fatti uscire a grappoli e messi nei tre furgoni, ma anche “Delanoe [il sindaco di Parigi, NdT], primo dei partigiani di Ben Ali!”, “Ben Ali, torna qui, hai dimenticato i tuoi cani!”, “Sbirri, porci assassini”, “Guéant, fascio, avremo la tua pelle!”, “Contassot, collaboratore” (questo responsabile dei Verdi si faceva intervistare nel bel mezzo degli sbirri, durante la retata), etc. Il tutto con rabbia, molta collera e tensione.

I membri dell’associazione SOS Racisme sono stati allontanati a forza, nonostante l’NPA [partitino trotzkista, NdT] e qualcuno della CNT [sindacato libertario, NdT] li abbiano difesi (i primi per amicizia, i secondi in nome dell’unità). Si è cercato in vano, con un movimento rapido, ma poco partecipato, di bloccare il primo furgone che portava i tunisini al commissariato. Le linee di celerini si sono rafforzate poco a poco, chiudendo i manifestanti contro le griglie del parco delle Buttes Chaumont. Quando tre impiegati della Sicurezza del Comune di Parigi hanno voluto chiudere le griglie ed è stato loro impedito con la forza, i celerini hanno caricato e tutti quelli che restavano sono riusciti ad entrare nel parco (nello scambio di colpi, un celerino si è fatto fregare il manganello, molti compagni hanno preso delle botte per tenere la porta aperta abbastanza a lungo da far uscire tutti dall’accerchiamento, i celerini si sono presi in faccia della spazzatura e dei vasi di geranio, etc.).

Quindi, al momento, almeno 100 tunisini arrestati al Bolivar sono nei commissariati (senza contare tutti quelli delle retate di ieri sera in strada e attorno alle fermate del metro, più quelli dei giorni precedenti). La prefettura parla di 138 arresti.

Ora il Comune se la prende con i soliti radicali, per giustificare il fatto di aver firmato la richiesta di sgombero: «I contatti in loco [con i tunisini, NdT] sono stati resi molto difficili dalla presenza di collettivi anarchici o radicali, che hanno preferito denigrare l’azione e l’impegno del Comune e delle associazioni, piuttosto che accompagnare ed aiutare realmente gli immigrati tunisini. Essi hanno preso una pesante responsabilità, convincendo questi ultimi a restare in quel luogo – ad eccezione di una decina che, ieri, hanno accettato di andare in una struttura di accoglienza – ed incoraggiandoli esplicitamente ad scontrarsi con le forze dell’ordine».

Il solito paternalismo vomitevole verso tutti i poveri, con o senza documenti. Come se i tunisini del Collettivo da Lampedusa a Parigi, una parte dei quali ha partecipato – come migliaia d’altri – alle rivolte e agli scontri in Tunisia per cacciare Ben Ali dal potere, non fossero capaci da soli di costruire un rapporto di forza e di volerla far finita con i cani in uniforme che rovinano loro la vita e fossero troppo scemi per permettersi di rifiutare le briciole cadute dal tavolo del Comune e dei suoi collaborazionisti associativi. In questo campo, sono loro che hanno molto da insegnarci e i ricchi scambi vissuti nella quotidianità di questi tre giorni e tre notti di occupazione comune non sono che un inizio di condivisione.

da Cettesemaine 

Aggiornamento 6 maggio. Del centinaio senza-documenti di fermati, una trentina sono stati trasferiti in un Centro di trattenimento amministrativo. Gli altri, invece, sono stati liberati. Dei fermati con-documenti uno solo è ancora in commissariato, in stato di fermo.

Le puntate precendenti

Introduzione: dopo Ventimiglia. Nel gioco dell’oca a cui sono costretti gli immigrati tunisini, la frontiera francese non è certo l’arrivo. Dopo essere sopravvissuti alla traversata in mare, essere passati fra la rete poliziesca italiana od essere riusciti ad evadere da CIE e campi vari, aver passato la frontiera eludendo i blocchi della polizia francese… si ricomincia!
Nelle ultime due settimane ci sono state imponenti e continue retate “au faciès” (vengono presi di mira solo quelli che hanno la “faccia da arabo”) nelle principali città francesi, in particolare a Parigi. Ovviamente non ci sono cifre esatte, ma c’è chi parla di un migliaio sulla sola Parigi. Sembrerebbe, ma anche questa non è cosa sicura, che gli arrestati vengano trattenuti qualche giorno (altre fonti dicono due settimane), schedati (dati, foto, impronte digitali) e rilasciati con un foglio di via dal territorio francese. Testimoni hanno visto gli sbirri strappare davanti ai tunisini i pezzi di carta dati loro dalle autorità italiane (i cosiddetti permessi di soggiorno temporanei) …
Migliaia di tunisini che sono riusciti ad arrivare fin qui in treno (e ci sono state anche retate alla stazione…), non sapendo dove andare, vivevano, più o meno dall’ultima settimana di aprile, in un parco nel nord della capitale. In zona stazionavano sempre molti sbirri, che arrestavano chi si allontanava solo o in piccoli gruppi. Tutte le sere, poi, chi non si era arrangiato per dormire, rischiava di essere circondato ed arrestato. Ci sono stati momenti di tensione, la sera di giovedì 28, quando la polizia ha tentato l’ennesima retata.
A partire da quel giovedì, molti migranti sono stati ospitati, ma provvisoriamente, alla CIP, una “casa di associazioni” non lontana dal parco, che chiuderà, però, il 6 maggio.
Dopo aver partecipato alla manifestazione del  1 maggio, alla sera in molti hanno deciso di farla finita con le promesse del comune e il mercato del bestiame delle associazioni caritative (Emmaus, Coup de main, France terre d’asile – quest’ultima  tra l’altro gestisce dei CIE…) e si sono presi un posto per dormire ed organizzare la lotta.

Sans papiers tunisini occupano una palazzina a Parigi. Dopo molte settimane passate a dormire nel parco della Porte della Villette, circondati dagli sbirri, e sotto la pressione delle retate a Stalingrad, alla Villette, a Couronnes, a Belleville [nel nord-est popolare di Parigi, NdT] etc., quasi 300 tunisini senza permesso di soggiorno hanno autonomamente occupato [domenica 1 maggio, NdT] una palazzina del comune, al 51 di Avenue Simon Bolivar.

Lunedì 2 maggio, sul luogo erano presenti forti contingenti di polizia e ci sono stati piccoli momenti di tensione e grida di “Polizia vattene” da dentro e fuori dello stabile. Alla fine il dispositivo poliziesco è stato tolto e alle 18 si è tenuto davanti all’occupazione un presidio che ha contato diverse centinaia di persone.
Per poter sgomberare l’edificio occupato, il comune e la prefettura tirano in ballo la sua presunta “insalubrità”, ma si tratta solo del fatto che non è più in regola con le norme del 2008, per le quali la vernice dei muri sarebbe troppo infiammabile!

Mentre continuano i negoziati con i farabutti del comune (che al momento propone 30/40 sistemazioni della durata di un mese, dispersi in alcuni hotel), i 300 occupanti pretendono non solo un luogo per auto-organizzarsi (cosa che fanno occupando lo stabile), ma anche “documenti per poter circolare e vivere liberamente”.
Questo collettivo informale, il “Collettivo dei Tunisini di Lampedusa a Parigi”, tiene le sue assemblee autonome e resiste alla bell’e meglio ai diversi racket di partiti ed associazioni. Come sempre, poi, il misero comunicato dell’occupazione [in francese, qui: http://paris.indymedia.org/spip.php?article6648, NdT] non è altro che la riscrittura da parte di qualche politico delle discussioni e decisioni dell’assemblea.

L’occupazione è aperta a tutti i sans papiers e viene tenuta in collaborazione con alcuni compagni.

“Né polizia, né carità. Un luogo per organizzarsi” (striscione appeso all’edificio occupato)

da Informa-azione