Posti di lavoro

Lampedusa, 1 ottobre

«Lampedusa, chiusura del Cie scongiurata: “Contratto col Viminale verso la proroga”. Ma c’è l’incognita sbarchi.

Scongiurata in extremis la formale chiusura del Centro d’accoglienza di Lampedusa, inagibile e vuoto dopo l’incendio appiccato lo scorso 20 settembre da un gruppo di immigrati tunisini che si opponevano al rimpatrio. Ieri scadeva la convenzione con il Viminale per continuare l’attivita’, anche dopo il ripristino dei locali, ma in serata e’ stata annunciata ai responsabili del Cie di contrada Imbriacola, per ora solo telefonicamente, che il contratto verra’ prorogato. A darne conferma all’Adnkronos e’ l’amministratore delegato di Lampedusa Accoglienza, Cono Galipo’. ”Ieri ho ricevuto una telefonata dalla Prefettura di Agrigento – spiega – in cui mi e’ stato assicurato che oggi sarebbe stata formalizzata la proroga del contratto in attesa del ripristino della struttura danneggiata dopo l’incendio di una settimana fa”. Intanto, pero’, da oggi un centinaio di dipendenti del Centro d’accoglienza sono a spasso, molti dei quali lampedusani. E’ scaduto ieri il contratto a tempo determinato e data la chiusura della struttura non c’e’ lavoro. Quindi, i 100 restano senza stipendio, questa volta a tempo indeterminato. Altri 36 sono invece in ferie forzate. ”Sono dipendenti a tempo indeterminato – spiega Galipo’ – e vista la chiusura del Centro d’accoglienza siamo stati costretti a lasciarli tmporanemente a casa”.

 

Intanto, sono cominciati i lavori di messa in sicurezza del Cie di Imbriacola. Un edificio e’ andato completamente distrutto, altri due sono invece solo parzialmente andati in fumo e potrebbero essere ripristinati. L’ingresso e’ sempre sbarrato ai giornalisti. Ma non c’e’ piu’ il ‘check point’ a un centinaio di metri dalla struttura con una camionetta dei Carabinieri. Da qualche giorno, all’ingresso del Cie stazionano due uomini dell’Aeronautica che impediscono l’accesso a chiunque non sia un rappresentante delle forze dell’ordine. Cosi’ non resta che arrampicarsi sulle colline sovrastanti. Da qui si intravede lo scheletro annerito del primo edificio. Quello completamente andato distrutto dal fuoco appiccato dai tunisini. In lontananza si sente solo l’eco di qualche risata. Sono le donne delle pulizie che stanno finendo di sistemare i locali rimasti agibili. Chi li ha visti parla di ”spettacolo indecoroso”.

 

Gli oltre mille tunisini, trasferiti in massa dopo l’incendio, fino a svuotare il Cie in poco meno di 72 ore, quando hanno saputo di dovere lasciare Lampedusa, avrebbero chiuso i rubinetti e tappato i bagni e fatto i loro bisogni fisici nelle stanze. Adesso la situazione e’ tornata alla normalita’. I locali ancora agibili sono tornati puliti, gli uffici e le cucine pronte all’uso. Ma resta l’incognita sbarchi. Ufficialmente Lampedusa e’ stata definita dal Viminale ‘porto non sicuro’, in altre parole i barconi con gli immigrati che per otto mesi sono arrivati in massa sulla costa – oltre 50.000 da febbraio – non potranno piu’ essere accompagnati sull’isola ma altrove, come a Porto Empedocle, ad esempio. Proprio come era accaduto la sera degli scontri tra i tunisini e i lampedusani la scorsa settimana. I 65 migranti avvistati al largo invece di essere portati a Lampedusa sono stati trasferiti, a bordo di ben cinque modotovedette, fino a Porto Empedocle. ”Con uno spreco di energie, sia umane che di carburante notevoli”, dice uno dei soccorritori. ”E se c’e’ brutto tempo e il mare e’ agitato? Come si pensa di portare centinaia di persone fino alle coste della Sicilia. Sono oltre sei ore di navigazione con le nostre motovedette. E’ impensabile”. Intanto, Lampedusa resta ‘porto non sicuroo, anche se e’ di ieri la richiesta ufficiale delle organizzazioni umanitarie di fare tornare l’isola ‘porto sicuro’. Secondop l’Unhcr, l’Oim e Save the children, la decisione delle autorita’ italiane di dichiarare Lampedusa porto non sicuro ”rischia di indebolire l’intero sistema di soccorso in mare di migranti e richiedenti asilo e al tempo stesso di aumentare la complessita’ ed il livello di rischio delle operazioni di salvataggio”.

 

”Non essendo infatti piu’ previsto di attraccare a Lampedusa – lamentano le organizzazioni – l’effettiva capacita’ di soccorrere della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza verrebbe compromessa dalla distanza necessaria per raggiungere un altro porto, ad esempio Porto Empedocle a 120 miglia nautiche, specialmente in tutti i casi di condizioni meteo-marine avverse e laddove vi siano persone con urgente bisogno di cure mediche, minori e persone in condizione di vulnerabilita”’. Per questo Unhcr, Oim e Save the children auspicano ”che il centro di Lampedusa possa al piu’ presto essere ripristinato al fine di poter svolgere in condizioni dignitose una funzione di prima accoglienza e transito, ospitando i migranti per il tempo strettamente necessario alle attivia’ di assistenza ed identificazione, in attesa del rapido trasferimento in apposite strutture sul territorio”.»

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