Catering a Milo

Protesta repressa sul nascere, questa sera, nel Cie di Milo, alle porte di Trapani. Come oramai succede spesso anche qui a Torino, gli agenti di guardia hanno preso i manicotti anti-incendio e hanno diretto i getti addosso alla gente rinchiusa nelle gabbie inzuppandola fino all’osso, sperando di raffreddarne gli spiriti e la voglia di rivolta. È da una ventina di giorni che i reclusi alzano la voce per la qualità del cibo che ogni giorno gli addetti poggiano per loro accanto all’entrata delle gabbie; cibo immangiabile, a detta di tutti: frittate con tanto di guscio delle uova, derrate scadute o mal conservate. Insomma, è più o meno da quando è cambiato il fornitore dei pasti che i senza-documenti rinchiusi a Trapani non mangiano, per lo schifo o per protesta. Solo una quarantina di loro, giusto quattro giorni fa, ha risolto il problema alla radice scavalcando i cancelli e facendo perdere le proprie tracce nelle campagne. Ora loro possono mangiare quel che vogliono, ma per chi non è riuscito ad andarsene è una battaglia quotidiana.

(Agli spiriti più attenti. A preparar le minestre ai reclusi di Milo è una ditta di catering di Paceco, la “Le Palme ristorazione”, che negli ultimi anni vanta una esponenziale crescita del proprio fatturato. A lucrare sulla prigionia altrui si guadagna bene, ed è cosa nota. Ma non è detto che poi si dormano sonni tranquilli.)