Gradisca chiude, forse
Da questa mattina è in corso lo svuotamento del Cie di Gradisca, completamente distrutto dalle rivolte dei reclusi degli ultimi giorni. Già nel weekend la Polizia, per allentare la tensione, aveva iniziato le prime manovre: alcuni reclusi erano stati liberati con un foglio di via, altri trasferiti in altri Centri (Milano e Torino), qualcuno infine era stato espulso. All’alba di oggi una trentina di reclusi sono partiti per la Sicilia, destinazione Trapani Milo e in un primo momento sembrava che questo trasferimento di massa significasse la chiusura del Centro. E invece poche ore fa la Questura ha fatto sapere ai giornalisti che il Centro non chiuderà, perché qualche ragioniere in divisa avrebbe stimato la presenza di ancora 18 posti disponibili, non si sa in quali condizioni. Sta il fatto che dalle nostre informazioni, adesso come adesso, dentro al Centro rimangono soltanto otto prigionieri.
Aggiornamenti 6 novembre
ore 12 – Il Cie di Gradisca è completamente vuoto, ma non ancora ufficialmente chiuso. Due degli otto reclusi rimasti sono stati trasferiti in un CARA siciliano, in quanto richiedenti asilo, gli altri sei sarebbero stati deportati, più o meno volontariamente, in Algeria. Intanto, sempre a proposito di trasferimenti e deportazioni, segnaliamo un video comparso ieri su internet, che riprende le ultime scene del trasferimento Gradisca-Trapani di una trentina di reclusi. Un dettaglio, che non sfugge di certo ad uno sguardo attento, è il nome della compagnia aerea che si è occupata del viaggio: ancora una volta è la Mistral Air, società del gruppo Poste Italiane.
ore 21 – Trasferiti in massa a Trapani, i reclusi reduci da Gradisca dimostrano di non aver perso la voglia di lottare. In attesa di maggiori informazioni, riportiamo un breve articolo uscito su sito di informazione locale che racconta di alcune proteste scoppiate nel Centro siciliano poche ore fa.
«CIE di Milo, manifestazione di protesta dei migranti
Nemmeno il tempo di arrivare e sistemarsi nei locali del Centro di Identificazione ed Espulsione di contrada Milo. Nel pomeriggio di oggi è scoppiata l’ennesima protesta, protagonisti gli oltre trenta immigrati appena arrivati dal centro di trattenimento temporaneo di Gradisca di Isonzo. La vivace dimostrazione, con gente che è salita sui tetti urlando tutta la propria situazione di malessere, è rientrata all’arrivo della polizia. Una vera fortuna considerato che da un momento all’altro si era temuto addirittura uno scontro tra immigrati ed agenti. Ma l’emergenza continua ed ulteriori piccolo fuochi come quello di oggi rendono il problema “migranti” sempre più pressante».
Aggiornamenti 8 novembre
Si susseguono incontrollate le voci intorno al futuro del Cie di Gradisca: c’è chi dice che rimarrà vuoto almeno sei mesi per riaprire poi tutto insieme, chi che riaprirà gradualmente man mano che le sezioni verranno restaurate, chi invece che verrà abbandonato. Sta il fatto che ora il Cie non c’è più, chiuso di fatto dalle lotte dei reclusi. Di seguito una breve rassegna stampa.
« Il Viminale “dimentica” il Cie di Gradisca
Gradisca, 08 novembre 2013
Non esiste una data per l’inizio dei lavori di ristrutturazione del Cie di Gradisca. E non è chiaro neppure se l’eventuale riapertura dell’ex Polonio sarà progressiva o bisognerà attendere che siano recuperate in blocco tutte e tre le sezioni rese inagibili dalle rivolte degli ospiti degli ultimi tre anni. L’impressione è che, dopo averne azzerato le presenze, sulla struttura di Gradisca il Viminale voglia quasi prendersi una pausa di riflessione. A confermare come da Roma non vi siano novità sostanziali è Giuseppe Donadio, capo di gabinetto della Prefettura di Gorizia. «Ad oggi non abbiamo comunicazioni ufficiali sull’inizio dei lavori e sulla loro durata – spiega – nè sappiamo se l’eventuale riapertura avverrà a blocchi o bisognerà attendere che tutte e tre le sezioni siano ripristinate». Una situazione di incertezza che ricorda da vicino quella di altri Cie italiani: nei mesi scorsi a chiudere temporaneamente i cancelli erano stati i centri di Brindisi, Bologna, Modena e Crotone, mentre le altre 8 strutture ancora operative registrano ogni giorno la chiusura di alcuni padiglioni a causa delle rivolte degli ospiti. Un’altra certezza su Gradisca però c’è: ed è che per disposizione del Ministero dell’Interno i giornalisti non potranno visitare ciò che rimane dell’ex caserma. Disposizione che, però, non riguarda i consiglieri regionali. Oggi gli esponenti di Sel e Pd Giulio Lauri, Silvana Cremaschi, Diego Moretti e Stefano Pustetto visiteranno il Centro di identificazione ed espulsione. Intanto dalla Sicilia rimbalza la notizia che i 36 immigrati trasferiti da Gradisca al Cie di Milo hanno dato vita a una veemente protesta non appena sistemati nel centro trapanese, salendo sui tetti e urlando la propria rabbia sino a sfiorare il contatto con le forze dell’ordine. In una situazione di stallo ed enorme incertezza, la dialettica politica non cessa di arroventarsi. Per il presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, Luigi Manconi, il provvedimento di chiusura temporanea «deve diventare presto una chiusura definitiva. Quegli spazi vengano utilizzati per ampliare il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara-Cda ndr) situato a pochi metri». Per la consigliere del M5S Ilaria Del Zovo le condizioni di trattenimento degli immigrati al Cie erano ormai «oscene». «Questo non per colpa degli operatori e delle forze dell’ordine – precisa – che anzi hanno operato in condizioni difficili e alle quali va la nostra solidarietà. Ma è giunto il tempo di una totale revisione della normativa sull’immigrazione». Il deputato della Lega Nord Massimiliano Fedriga punta l’indice sulle dichiarazioni rilasciate dal centrosinistra: «Le parole di Serracchiani, Gherghetta e del sindaco Tommasini lasciano esterrefatti. Chiudere la struttura significherebbe alzare le mani e ufficializzare la sconfitta dello Stato di fronte alla violenza di un manipolo di clandestini. Razzismo il nostro? No – conclude Fedriga – razzista è chi non tutela i cittadini di questa regione». Duro anche il Pdl: «La sinistra – attacca il Pdl Rodolfo Ziberna – non ha mai condannato l’inaudita violenza dei protagonisti e, anzi, ha solidarizzato con loro». Anche il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti, infine, aderisce all’appello di Melting Pot per la chiusura del Cie di Gradisca che culminerà in una mobilitazione della galassia antirazzista sabato 16 novembre.»
«Cie di Gradisca chiuso per almeno 6 mesi
Gradisca, 07 novembre 2013
Monta la preoccupazione dei lavoratori di Connecting People. Già provati dalla vicenda dei ritardi nell’erogazione degli stipendi – dalle 4 alle 6 mensilità arretrate – per i lavoratori della coop siciliana lo stop al Cie rischia di rappresentare il colpo di grazia. Il loro timore è che, a causa della chiusura, arrivino i tagli di organico. La preoccupazione serpeggia su Facebook contro la parlamentare Serena Pellegrino (Sel). «Da anni senza essere ascoltati ma dipinti come aguzzini abbiamo tentato di migliorare le condizioni di vita degli ospiti e nostre – uno dei commenti – lei in soli tre mesi riesce non solo a far chiudere la struttura spostando soltanto il problema in altre regioni, ma ad aumentare il mare di disoccupati che la chiusura comporterà». E un altro: «Da domani resterò a casa. Non prendo la paga da luglio ma ho sempre continuato a lavorare senza protestare platealmente. Ho visto invece persone contrarie al Cie sfasciare tutto, ottenere la chiusura del centro e addirittura la solidarietà di parlamentari. Devo forse sfasciare ed incendiare qualcosa anch’io?». Pellegrino ha cercato il dialogo: «Tenere in cattività delle persone perché generano posti di lavoro non è giustificabile».
Almeno sei mesi. Secondo indiscrezioni sarebbe questa la durata della chiusura temporanea del Cie di Gradisca decisa dal Ministero dell’Interno. Da ieri, completamente svuotata, l’ex caserma Polonio è a disposizione del Viminale. Uno stop per ora meramente tecnico e necessario ai lavori di ripristino (definiti «urgenti») della completa agibilità della struttura: in particolare nella “zona rossa” messa a ferro e fuoco dagli “ospiti” nel corso degli ultimi due mesi. Il prefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu ha confermato come proseguiranno i lavori di ripristino in altre due sezioni, la “zona verde” e la “zona blu” (quella più capiente con i suoi 136 posti). Quest’ultima sarebbe in realtà la più prossima ad ottenere l’agibilità, essendo i lavori di restauro praticamente conclusi. Eppure, per molti a sorpresa, ciò non ha indotto il Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del Viminale a tenere aperta la struttura, neppure a basso regime. Anche da questo elemento si evince come la decisione proveniente da Roma sia stata più politica che tecnica, per usare un’espressione circolata fra i bene informati. Quello che è certo è che l’azzeramento del Cie da ieri è completato. Anche l’ultimo manipolo di clandestini ha lasciato la struttura di via Udine: erano in tutto 9, principalmente di nazionalità algerina. Sono stati in parte trasferiti nelle strutture “gemelle” di Milano e Trapani (qui anche due immigrati che avevano richiesto la protezione internazionale e per i quali è stata convocata d’urgenza l’apposita commissione) e in parte espulsi con accompagnamento alla frontiera. Chiuso un capitolo, ne resta aperto un altro. Quello del dibattito politico sul destino della struttura. Se dal centrodestra si è parlato esplicitamente di «sconfitta dello Stato e delle regole» e si auspica una riapertura in tempi ragionevoli, sul versante opposto il “punto” messo a segno con lo svuotamento e azzeramento del Cie apre nuove prospettive. C’è chi intravede lo spazio per fare in modo che la chiusura da temporanea diventi definitiva e chi si accontenterebbe se la struttura diventasse solo un centro per richiedenti asilo politico. «Non dava più alcuna garanzia di sicurezza e di civiltà. Siamo pronti a un confronto con il governo per trovare delle alternative, mi pare sensato di risistemare gli spazi del Cie e allargare il Cara» dice la governatrice Debora Serracchiani. Se la Regione e il Comune di Gradisca si erano impegnati a chiederne la chiusura o l’«umanizzazione», il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta rincara: «Questo è il momento giusto per mettersi assieme e dare una definitiva spallata al Cie – dice – Scriveremo al ministero dell’Interno per la chiusura della struttura di Gradisca e inviteremo i venticinque comuni e la Regione a fare altrettanto». Giulio Lauri, presidente del gruppo Sel in consiglio regionale, di «umanizzazione» non vuole sentire parlare, ma soltanto di chiusura. All’orizzonte, ad arroventare ulteriormente il caldo autunno del Cie, due manifestazioni di segno opposto: sabato 16 quella della galassia di associazioni antirazziste, appena 24 ore dopo quella della Lega Nord (erano stati annunciati Calderoli, Salvini e Fedriga) inizialmente destinata a “ripulire” il muro dell’ex Polonio dalle scritte pro-libertà e chiusura del Cie da parte degli attivisti no-Cie (il muro è stato precauzionalmente fatto imbiancare dalla Prefettura). «La sinistra vuol far credere che queste persone siano costrette a subire trattamenti inumani da parte degli operatori e delle forze dell’ordine – dice il deputato leghista Massimiliano Fedriga – Oltre a ledere l’immagine di chi svolge il proprio lavoro, fornisce il pretesto alle organizzazioni criminali per intensificare i cosiddetti viaggi della speranza». L’impressione è che la partita sul centro immigrati di Gradisca sia ancora tutta da scrivere. Daccapo.»