Cani e processi
«Oggi veniamo processati perché abbiamo osato tentare di infrangere il muro di falsità dietro cui l’Eni si nasconde.
Dal momento che difficilmente l’atto in sé di cui veniamo accusati possa ritenersi reato grave, abbiamo compreso quanto gli apparati repressivi ci tengano a proteggere l’operato di questa multinazionale, gonfiando a dismisura i fatti. Veniamo descritti come dei pazzi forsennati in cerca disperata di un nemico da combattere. Intanto Eni, sui suoi siti internet, si difende sproloquiando sulla propria limpidezza etica.
Nello svelare come realmente tale industria del petrolio svolga il proprio lavoro ci rendiamo conto che tale battaglia della verità contro la menzogna non possa trovare posto in un aula di Tribunale.
Per il denaro e per chi difende il suo mondo, si sa, tutto è lecito.
Ciò nonostante siamo convinti di essere dalla parte giusta, che non dobbiamo convincere la corte qui riunita della bontà delle nostre azioni, ma dobbiamo esserne convinti noi.
Noi sappiamo che l’Eni è responsabile dell’inquinamento delle falde idriche e del mare a Taranto, a Ravenna, a Porto Torres, presso il fiume Merse e la miniera di Campiano; noi sappiamo che l’Eni e la sua controllata Saipem stanno distruggendo quasi 2.000 km quadrati di suolo congolese per l’estrazione petrolifera dalle sabbie bituminose; noi sappiamo che l’incuria della Saipem ha provocato nel 2012 l’affondamento della piattaforma Perro Negro 6, provocando un ingente riversamento di petrolio in mare; noi sappiamo che il fiume Niger non ha più pesci a causa della scarsa manutenzione degli oleodotti che provoca versamenti di petrolio nell’acqua, e che il livello di CO2 nella zona del Delta è tale da rendere nociva l’aria; noi sappiamo che la popolazione in quelle zone è costretta a fuggire, a migrare fin nella Fortezza Europa per continuare una vita di stenti, oppure sceglie di combattere attaccando i pozzi dell’Eni e delle altre compagnie petrolifere, nonostante la repressione del corrotto governo nigeriano.
Noi tutto questo lo sappiamo, e viene anche divulgato da enti certo più famosi di noi quali Amnesty International. Eni invece fa in modo che tutto questo rimanga insabbiato o resti mera opinione da dibattito televisivo.
Eppure c’è chi dice no! …e dando un po’ di fastidio all’Eni sappiamo di essere dalla parte giusta!
Torino, 20 novembre 2013»
(Questa breve dichiarazione è stata letta oggi durante il processo per l’irruzione nella sede dell’Eni di corso Palermo del marzo del 2011.)