Mai più soli

La prigione è una merda. Una merda comunque la si guardi, comunque la si imbelletti. Ma chi c’è vissuto dentro, a lungo o solo qualche giorno – e sappiamo che molti che ci leggono questa esperienza l’hanno affrontata -, sa che la cosa peggiore dentro è il sentimento di una assoluta e affollata solitudine: sopruso dopo sopruso, negazione dopo negazione, ognuno è talmente occupato a leccarsi le proprie ferite da non vedere null’altro che quelle.
Le lotte possibili annegano dentro alle frustrazioni che si accumulano in quei pochi metri quadrati di spazio che ti è concesso; dentro ai rancori mal diretti, dentro alla diffusa vigliaccheria, dentro ad una lotta per la sopravvivenza che avviene tanto spesso a scapito di chi ti sta accanto. I racconti belli e tragici coi quali siamo cresciuti, quelli che dipingevano le carceri come luoghi di battaglia, come ambito di lotta di un proletariato compatto e solidale sembrano cartoline arrivate diritte diritte da un altro pianeta. Un modo per uscirne è ripartire dalle piccole cose; fratture nella monotonia carceraria, resistenze che costringono la gente a parlarsi, a prendere posizione, a ridisegnare i confini; fili che si tessono, occhi che si incrociano, coraggio che emerge. Se non sarà buona questa sarà buona la prossima, ma d’ora in poi – e per un po’ – forse non siamo più soli.

 

(Inauguriamo qui una piccola modifica nella prima pagina di //Macerie e storie di Torino//: un angolo dove potete trovare in evidenza le storie provenienti dal carcere delle Vallette, i racconti delle lotte che si svilupperanno là dentro e delle iniziative a sostegno giusto fuori dalle mura o in giro per la città. I muri, altissimi, che circondano il carcere cittadino ci hanno impedito fino ad ora di dare continuità al nostro sguardo su quel che accade dentro, al contrario di quel che è successo in questi anni per il Cie di corso Brunelleschi o per il conflitto che si gioca ogni giorno in strada tra un bel pezzo di proletariato cittadino e chi, mutate le necessità dello sfruttamento e della produzione, lo vorrebbe semplicemente escludere, allontanare, schiacciare. Ora le voci che ci arrivano da dentro sono molte, multiformi, continue, ed è ora di dar loro lo spazio che meritano.)

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