Ancora martedì? / 2

Ma esiste ancora il “terzo martedì del mese”, il giorno in cui la Questura di Torino per più di un anno ha concentrato gli sfratti per tentare di eseguirli tutti assieme con camionette e celerini?

quartiere1.jpgCe lo chiedevamo giusto due mesi fa, quando in zona San Paolo, in corso Agnelli e a San Salvario tre picchetti contemporanei avevano bloccato altrettanti tentativi di cacciare in strada inquilini morosi. Al tempo non siamo riusciti a darci una risposta giacché in quel giorno di novembre di camionette non se ne erano viste e intanto, almeno in Barriera, gli ufficiali giudiziari continuavano ad evitare sistematicamente di rinviare gli accessi in quella data – preferendo di gran lunga scappare a gambe levate per chiedere ai giudici di autorizzare lo sfratto a sorpresa. Solo un ufficiale giudiziario, rimasto bloccato da un picchetto in Borgo Aurora, proprio in quei giorni aveva mormorato: «Oggi ve lo dò il rinvio, ma al terzo martedì di gennaio…». E così, incerti su quel che potesse frullar nella testa dei Questurini e per mettersi le spalle al sicuro, questa mattina, terzo martedì di gennaio, un bel gruppone persone – tra partecipanti all’assemblea contro gli sfratti di Porta Palazzo, amici e solidali – si è radunato all’alba di fronte ad un portone di una palazzina di via Parma ad aspettar l’ufficiale giudiziario e le camionette. Palazzina di ringhiera, tipica delle nostre barriere operaie, scrostata e coi cessi sul ballatoio, che il proprietario sta tentando di svuotare a forza di sfratti probabilmente per ristrutturarla e trasformarla in una lucida capponaia per ricchi – come la costruzione accanto, che da piccolo stabilimento industriale si è trasformato in un palazzone di uffici e loft con tanto di piscina in cortile.

E così, dopo aver atteso invano l’ufficiale fino a metà mattinata ed esposto una mostra che ripercorre la storia di un anno di resistenza agli sfratti in Barriera di Milano, una quarantina di persone ha percorso le strade vicine bloccando il traffico, improvvisando brevi comizi contro la trasformazione di Aurora in un quartiere per ricchi e cogliendo l’occasione per fare una visita alla sede dell’Istituto di arte applicata e design (IAAD). L’Istituto ha sede nella palazzina di via Pisa occupata anni fa da alcune famiglie rumene decise a scappare dalla miseria di via Germagnano – sgomberate e subito riportate a forza nelle baracche lungo il fiume grazie al prezioso interessamento dell’assessore Ilda Curti – e fa parte dell’isolato comperato dalla Lavazza che, d’intesa col Municipio, punta a farne la punta di diamante dei progetto di riqualificazione-allontana-poveri del quartiere. Dopo aver portato un po’ di scompiglio nell’edificio, spiegato le proprie ragioni disturbando qualche lezione di design, mandato in bestia la direttrice e giocherellato con costosissimi modellini, i nostri se ne sono tornati a presidiare il proprio portone. Per tutta la giornata, davanti alla casa di via Parma, l’ufficiale giudiziario non si farà vedere: un nuovo sfratto sospeso, probabilmente.

L’ufficiale giudiziario oggi ha bussato alla porta, però, di un appartamento di Borgo Vittoria dove un mese e mezzo fa si era rifiutato di consegnare la proroga. Un tentativo di sfratto a sorpresa, dunque, non sappiamo se autorizzato in qualche maniera dal giudice e concordato con la Questura o, più probabilmente, frutto della creatività dell’ufficiale giudiziari di turno, Costantino Granata. Sta il fatto che proprio mentre il fabbro riusciva a sfondare la porta sono arrivati trafelati abbastanza solidali da costringere l’ufficiale a tornare sui propri passi e concedere una proroga di due settimane. I carabinieri di zona, sottonumero, si son dovuti limitare ad assistere al fabbro che montava una serratura nuova e consegnava le chiavi… agli inquilini morosi.

A fine giornata, non sappiamo ancora dire se il “terzo martedì del mese” esista ancora. Ma la resistenza, quella sì, è ancora viva.

Qui di seguito, il testo del volantino distribuito questa mattina:

QUESTO QUARTIERE NON LO MOLLERO’
Abbiamo trovato casa in questo quartiere, dove i soldi che abbiamo in tasca ci permettevano di pagare un affitto, dove il pane e la coca cola costano meno che altrove. Nonostante le strade sporche e pattugliate dalla polizia, nonostante l’abbandono ed il degrado, siamo sempre riusciti a cavarcela.
Quando i soldi per l’affitto scarseggiano , ci organizziamo con parenti ed amici per fare un picchetto ed evitare lo sfratto. Se la corda é troppo tesa per ottenere altre proroghe si occupa una casa in cui vivere.
Oggi ci troviamo a resistere insieme ad uno sfratto in via Parma 6. La casa, con i muri scrostati e gli impianti decadenti, è schiacciata a destra da un complesso residenziale con una piscina nel cortile interno, dall’altra parte da un piccolo e lungo loft. Il padrone di casa ha iniziato procedure di sfratto per quasi tutti gli affittuari: gli interesserà forse scacciarli e riuscire così a ristrutturare la casa, rendendola più simile a quella dei vicini e poter affittare a prezzi più alti?
La zona è considerata interessante perché vicina al centro e perché gli investitori, comprando un palazzo scalcinato e degradato a basso prezzo, guadagneranno poi sulla rendita dopo il restauro e gli abbellimenti. Nel corso degli ultimi anni sono stati aperti e conclusi diversi cantieri nella zona di Porta Palazzo ed Aurora: i vecchi stabilimenti Enel in disuso , tra via Bologna e corso Palermo, sono diventati in parte un “istituto di arte applicata e design”(IAAD) e per la restante un palazzo futuristico ed “ecologico” dove avrà sede il centro direzionale della Lavazza.
Cosa voglion dire queste trasformazioni che stanno avvenendo sotto i nostri occhi?
Il recupero edilizio e il mutamento delle forme e delle funzioni degli edifici è volto alla sostituzione degli abitanti.
I giovani studenti di design vestiti alla moda e con le tasche piene si fermano a far uno spuntino al nuovo bar aperto all’angolo tra via Padova e via Bologna, mentre i professori e manager del la Lavazza faranno aperitivi nei localini che apriranno tutto intorno.
Potrà rimanere chi riesce a stare al ritmo del continuo aumento dei prezzi, chi vuole ma soprattutto
può pagare. E tutti gli altri?
Tutti gli altri, cioè i proletari e gli sfruttati, saranno scacciati verso zone sempre più periferiche della città.
Questo processo avviene in tutta Europa con una ricetta sempre uguale: il degrado della povertà si risolve espellendo i poveri.
Se la gente che abita un luogo cambia, modificheranno anche i servizi e i tipi di attività che interessano: atelier, centri culturali, showrooms per la moda e l’arredo , luoghi per il tempo libero, sedi di artisti prenderanno spazio. Tutti agenti, più o meno consapevoli, di questo cambiamento in atto. Ma dall’altra parte, dalla nostra, che strumenti ci sono a disposizione?
A noi non piace il degrado, non piacciono gli edifici cadenti, l’incuria degli spazi e neppure la povertà. Gli spazi in cui ci troviamo a vivere non rispondono certo ai nostri bisogni. Ancor meno lo farebbe un quartiere su misura per i borghesi del centro. Come trasformare questi spazi possiamo determinarlo noi stessi… nel modo di vivere insieme, associarsi ed abitare. Possiamo deciderlo occupando una casa e resistendo allo sgombero, invadendo le vie con un corteo e organizzandoci per provvedere ai nostri bisogni. Ma lo facciamo innanzitutto opponendo insieme la nostra forza a chi vorrebbe cacciarci… da una casa, da una strada o da un quartiere.