Due posti in meno in corso Brunelleschi

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Proprio mentre i giornalisti torinesi, con encomiabile coraggio, cominciano confusamente ad ammettere quel che tutti sapevano già – e cioè che dentro il Centro di corso Brunelleschi i modi della polizia non sono sempre irreprensibili – i reclusi riprendono la parola in prima persona. Questa mattina, due prigionieri hanno dato fuoco alla propria camera, la stanza numero 5 della sezione di “isolamento” (proprio quella nella foto de La Stampa qui sopra) dove erano stati spostati quando gli ultimi roghi avevano ulteriormente ridotto i posti disponibili nelle aree del Centro. In particolare, uno di loro protesta perché ha una mano fratturata e nessuno lo cura. Sta di fatto che ora quella stanza è distrutta, e loro sono stati spostati in un’altra che pure non è messa molto bene: già danneggiata in passato, è senza corrente. Dopo questo episodio la polizia è andata alla ricerca degli accendini che i reclusi detenevano “abusivamente”, sequestrandone alcuni. Due posti in meno, allora, in corso Brunelleschi: due passettini in più verso la chiusura di fatto del Cie di Torino, e fatti senza aspettar di cavar qualcosa dalle giravolte truffaldine della politica.

(Non sappiamo bene quali delle tante piccole e grandi violenze poliziesche abbiano raccontato i reclusi al reticente senatore Manconi e all’improbabile Esposito: le intimidazioni mentre fuori si svolgono i presidi? i prigionieri tenuti a dormir per terra o stipati come sardine nelle camerate? le bastonate alle ragazze nigeriane? il pestaggio di un prigioniero colpevole di aver avuto una crisi epilettica? E questo per parlar solo dell’ultimo mese e mezzo…)

Aggiornamento 14 febbraio. Passata la visita dei parlamentari, i dirigenti dell’Ufficio Immigrazione hanno deciso di riempire di nuovo il Cie fino al limite della sua capienza e ora nel Centro ci sono poco più di sessanta reclusi. Di più al momento non ce ne stanno, tanto che un recluso è stato sistemato in una stanzetta vicino alle sale colloqui e all’infermeria. I nuovi arrivati, una ventina in totale, sono per la maggior parte senza-documenti usciti dal carcere, anche se qualcuno è stato preso per strada dalla polizia.