Fuori un altro

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I compagni arrestati vengono messi ai domiciliari alla spicciolata. Dopo la scarcerazione di Daniele, ieri sera è uscito Stefano dalle Vallette. Silvia e Antonio però sono bloccati in cella poiché il giudice continua a chiedere carte e dichiarazioni in aggiunta ai documenti inoltrati rispetto alle case dove dovrebbero fare i domiliari. Richiedere la copia del contratto d’affitto o l’atto di proprietà è la prassi comune all’interno della macchina giudiziaria, ma non è il caso dell’ultima richiesta arrivata ieri pomeriggio agli uffici degli avvocati, a ridosso di un giorno di festa e un week-end lungo. Ciò che la signora Loretta Bianco esige per poter valutare se le case e le persone che hanno deciso di ospitare i compagni sono idonei è lo stato di famiglia e il certificato di residenza. Rispondere a questa richiesta significa dover aspettare almeno l’inizio della settimana prossima per sapere se Silvia e Antonio potranno uscire oppure rimarrano rinchiusi in carcere. Questi temporeggiamenti faziosi fanno ribollire il sangue, pensare che questo ponte dell’Immacolata possa essere una piacevole vacanza per il giudice Bianco fa tendere i nervi ancora un pelo in più.

Oltre che dai corridoi del Tribunale, anche dalle celle delle Vallette arrivano racconti seccanti. Mentre nella cronaca si narra di quanto sia virtuoso il carcere di Torino poiché, dopo innumerevoli tavoli, carte e dibattiti ha lasciato la scelta ai detenuti di tenere la doppia porta aperta o chiusa la notte in qualunque stagione, Stefano racconta di quanto era inospitale la cella liscia dove l’hanno rinchiuso per alcune ore domenica pomeriggio. Le guardie lo hanno spostato in una cella priva di suppellettili e senza nemmeno il gabinetto, che di solito ha le finestre verso l’esterno, così da impedirgli di vedere e sentire il presidio rumoroso che ha occupato il prato a ridosso delle mura del carcere e tentava di portagli direttamente un po’ di calore.

Chi il carcere purtroppo lo vive sulla pelle, perché ne è minacciato o perché dei cari e degli affetti ci finiscono dentro, non può sentirsi consolato dalle parole di un giornale: blindi aperti o chiusi, la cella rimane sempre claustrofobica e le guardie sempre pericolose.