Dalle strade…

 

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“Dalle strade, dalle case, dalle lotte non ci caccerete mai!”, questa la scritta sullo striscione in testa al corteo che ha attraversato ieri corso Giulio Cesare.

Poco prima centoventi tra compagni e compagne, complici e solidali, si son trovati al calar della sera ai Giardini di via Montanaro, in piena Barriera di Milano; poco più in là, il palazzo del picchetto per il quale sono stati incriminati Silvia, Daniele, Stefano, Antonio e gli altri nove banditi. In largo anticipo erano già all’appuntamento – indesiderati, per dirla con un eufemismo – celerini e agenti della Digos in schiere rinforzate, scherniti immediatamente dai manifestanti con cori e slogan al vetriolo. Una dimostrazione di ostilità e della volontà di non lasciarsi intimidire nella propria presenza in strada neppure da cotanto schieramento blu. Neppure la routine dei giardinetti urbani, ricavati tra il corso trafficato e i palazzi popolari, è rimasta intimidita: i vecchietti del quartiere come ogni giorno erano alle panchine e qualche signora ballava persino al ritmo della musica in uscita dalle casse, qualcuno piuttosto interessato chiedeva le ragioni del raduno, qualcun altro, con esperienza di problemi con la casa o con la polizia, sapeva bene il perché.

Alla partenza del corteo, gli interventi al microfono hanno scandito il ritmo del passo, ripetuto ai passanti e a chi si affacciava alla finestra quello che già il quotidiano fa capire senza parole, ovvero le tante nefandezze che amministratori pubblici e padroni compiono nei quartieri popolari o in via di riqualificazione, dalle retate contro chi non ha i documenti in regola al distacco dell’acqua da parte della SMAT a interi palazzi i cui gli inquilini sono considerati morosi.

Sin dai primi metri è stato chiaro che la polizia sarebbe stata pressante e avrebbe cercato di limitare il contatto tra il corteo e gli altri in strada: oltre che davanti e dietro, presenziavano minacciosi anche ai lati per impedire scritte e attacchinaggi. Tuttavia l’odio urlato nei loro confronti e la determinazione ha fatto sì che le pensiline del tram e i mesti muri abbiano ora nuovi messaggi da leggere.

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Messaggi non solo di vernice, perché, arrivati sotto all’occupazione di corso Giulio Cesare 45, il pezzo di cielo sopra i tetti si è illuminato con le faville dei fuochi artificiali e dalle finestre del palazzo è stato calato un grande striscione che esprime la volontà di resistere agli sfratti e agli sgomberi a fianco dei compagni ora incarcerati.

In quel momento un gruppo di ragazzini si è unito ai manifestanti, correvano avanti e indietro mimando gesti sprezzanti contro la polizia e facendo roteare torce di fumo verde al ritmo di cori sempre più forti contro le divise.

La presenza della polizia è poi diventata impedimento e barriera di camionette in un punto ben preciso, si potrebbe dire a dir poco scontato: in corso Brescia all’angolo con via Alessandria.

La via che porta al nuovo palazzo dirigenziale Lavazza è stata bloccata, ma la città, nel bene o nel male, di più strade è e resterà fatta.