Stanche di guardare
Riportiamo alcune righe scritte da Camille, Giada e Fabiola quando ancora stavano all’interno della patria galera, prima che venissero trasferite agli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno. In quei giorni all’interno delle Vallette hanno potuto passare la socialità insieme e mettere un po’ di pensieri sulla carta fino a che un giorno hanno risposto a un saluto rumoroso di compagni fuori e hanno speso qualche parola colorita contro la secondina celermente arrivata a redarguirle. Per questo sono state denunciate per oltraggio a pubblico ufficiale e hanno sospeso loro le due ore di socialità quotidiana, quelle in cui in sezione si può stare in cella in compagnia fino a un massimo di quattro detenute.
Le Vallette 15/05/2017
Stanche di guardare
Stanche di guardare i notiziari che parlano ogni anno di migliaia di morti in mare. Stanche di guardare le forze dell’ordine rastrellare le strade su base etnica. Stanche di guardare chi non può pagarsi un affitto e finisce in mezzo ad una strada. Stanche di guardare persone che scappano dai vigili con in mano i loro sacchi di merce a basso costo. Stanche di guardare gli sgherri dello Stato che uccidono e sentir ripetere che sono incidenti di percorso.
Stanche di guardare abbiamo deciso di non subire più le ipocrisie di quest’epoca e di esprimere chiaramente la nostra rabbia contro ogni guerra, ogni divisa, contro ogni struttura per il controllo e la gestione dei migranti, contro ogni carcere e chiunque viva dello sfruttamento altrui.
Abbiamo deciso di vivere in un quartiere in forte riqualificazione dove lottare significa anche non abituarsi mai a guardare la politica portare avanti il proprio operato indisturbata, ma fare casino quando sgomberano interi palazzi o staccano allacci abusivi.
Nelle stesse strade in cui vengono aperti negozi, ristoranti e locali d’élite, infatti, si compie una vera e propria pulizia sociale, per esempio spostando il Balon e il Suk e cacciando chiunque sia considerato indecoroso. A Torino, come in altre città in Italia e in Europa, l’obiettivo è anche quello di pacificare quartieri detti “popolari”, ma speriamo che questo non avvenga senza difficoltà.
Il 3 Maggio siamo state arrestate assieme ad altri compagni con l’accusa di esserci messe in mezzo ad un controllo dei carabinieri. È sotto gli occhi di tutti la sistematica cadenza con cui la repressione sfonda le porte di chi ha deciso di non arrendersi all’ineluttabilità del presente.
Ad essere sotto accusa è, infatti, la nostra volontà di continuare a cercare complicità e momenti collettivi di resistenza.
Ci saremo ancora come spine nel fianco di una società che ci vorrebbe obbedienti, remissive e rassegnate, convinte che la libertà si possa trovare nella trasformazione alchemica dell’indifferenza in solidarietà, dell’isolamento in auto-organizzazione e della paura in azione.
Giada, Kam, Fabiola