Fiato sul collo

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Mattino, ore 6:20, la polizia sbatte contro la porta della camera di una compagna in via Borgo Dora 39, edificio abitato da famiglie sotto sfratto e da chi, senza più un tetto, ha deciso di occupare le case lì rimaste vuote. Un giro di messaggi e un po’ di compagni si radunano lì davanti per capire i motivi di questa nuova irruzione a una manciata di settimane appena dall’ultima operazione repressiva per cui sono stati arrestati Antonio, Giada, Fran, Camille, Fabiola e Antonio.

La camionetta è solo una e la compagna dalla finestra fa sapere che si tratta di una perquisizione.

Ma per cosa?

Quando gli agenti della Digos finiscono il loro voyeuristico lavoro e si allontanano col seguito di celerini, si possono vedere i fogli dell’ordinanza a firma – manco a dirlo – dell’operoso Pm Antonio Rinaudo. Avessimo voluto scommettere, sarebbe stato gioco facile, è quasi sempre un fifty-fifty tra lui e il compare Padalino.

Robe usuali, poche nuove, verrebbe da pensare.

Invece no, dell’insolito che si sta facendo strada nelle abitudini tribunalizie torinesi c’è: la perquisizione serve a cercare abbigliamento idoneo al travisamento (qualunque cosa, presumibilmente!), vernici e bombolette spray, armi o oggetti atti a offendere e persino qualunque dispositivo elettronico; questo materiale dovrebbe servire per mettere luce sull’indagine per un reato di danneggiamento avvenuto proprio il giorno degli ultimi arresti, il 3 maggio. In quel giorno una cinquantina di persone si erano avviate in corteo verso l’Italgas di corso Regio Parco a lasciare qualche ricordino scritto sui muri visto che i tecnici dell’azienda avevano collaborato con le forze dell’ordine nell’operazione repressiva, staccando l’allaccio del gas all’Asilo occupato.

Ebbene, tutto fa pensare anche senza la piena certezza che la perquisizione sia per qualche scritta. A Torino, in un mese, è la terza che viene effettuata con questa motivazione, dopo quella sempre del 3 maggio per l’imbrattamento di Lavazza e Iaad ai danni dell’Asilo e dell’occupazione di corso Giulio Cesare 45, e quella per delle scritte contro il giudice Minucci.

L’aria che tira non è certo brezza di montagna e questo fiato fetido pare arrivare molto velocemente quando sono gli attori dei grandi interessi a essere danneggiati, come ad esempio aziende e togati.