Da Caltanissetta a Parigi
La rivolta del 13 novembre all’interno del Cpr di corso Brunelleschi aleggia ancora nell’aria: a ridosso del presidio davanti alle mura che si è tenuto sabato scorso, una perquisizione approfondita e preventiva ha interessato i reclusi dell’area rossa, dando tuttavia esito negativo. L’area rossa è stata riaperta da poco, dopo i lavori di ristrutturazione in cantiere oramai da mesi, portando la capienza del centro agli attuali 145 posti circa. E se non fosse per le due aree bruciate e distrutte durante l’ultima rivolta, la struttura sarebbe tornata a pieno regime come non lo era oramai da anni.
A riprova, poi, che le rivolte hanno spesso un effetto immediato sulle vite dei reclusi ci giunge notizia che numerose persone sono state liberate con un decreto di espulsione di sette giorni, una manovra abbastanza consueta quando il numero di posti diminuisce all’improvviso e senza dare tempo alle autorità di riorganizzare le deportazioni.
Tra le conseguenza di una rivolta la repressione emana il suo influsso nel tempo, così da più di dieci giorni ai reclusi è impedito di incontrarsi al campetto, con la scusa “del ghiaccio e del freddo”. Molte persone sono state minacciate e gli è stato sequestrato il telefono per qualche giorno.
Il presidio di sabato è stato un’occasione per raccontare degli ultimi episodi avvenuti a Caltanissetta e Parigi. Infatti nella notte tra sabato 9 e domenica 10, alcuni detenuti hanno dato fuoco a tre padiglioni del Cpr siculo di Pian del Lago. La protesta è esplosa in seguito alla notizia di un imminente deportazione di massa di 40 tunisini, che hanno scelto di organizzarsi e reagire.
L’intera struttura è stata chiusa e evacuata fino al “ripristino degli impianti”, mentre i reclusi hanno espresso la loro rabbia anche contro gli operatori che lavorano all’interno del centro, bersagliandoli con lancio di oggetti, “comprese scarpe, sedie ed effetti personali”. Il tutto è stato accompagnato anche da un tentativo di fuga di massa, purtroppo fermato dalle forze di polizia. Tuttavia, per ora, nessuno è stato arrestato o risulta indagato.
Vale la pena ricordare che il Cpr di Caltanissetta era considerato un “modello d’efficienza” della macchina delle espulsioni: tra gennaio e luglio, su un transito di 840 persone, 639 sono state deportate. La media era quasi di cento espulsioni al mese. Un primato che è stato fermato da queste fiamme invernali. Dei 90 reclusi del centro, 40 sono stati deportati in Tunisia questo lunedì, come era già stato da tempo disposto, con un volo charter partito dall’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo. Degli altri al momento non abbiamo notizie certe.
E mentre decine di persone tentano ogni giorno di varcare la frontiera tra l’Italia e la Francia, anche oltralpe ben più in là del confine non si fanno attendere episodi di protesta e rivolta. Nel centro di reclusione di Parigi, nella notte del 5 dicembre, otto persone hanno tentato la fuga, agguantati subito dalla polizia. Una volta riportati in sezione, però, hanno deciso insieme agli altri compagni di oscurare le telecamere con della carta igienica e bloccare le porte antincendio, appiccando il fuoco in dodici stanze devastando così l’area e privando la struttura di 57 posti.
Mettere in comunicazione la rabbia di Parigi con quella di Torino e Caltanissetta, passando le informazioni ai reclusi su ciò che accade in altri centri di detenzione così distanti eppure così simili, è il minimo che si può fare da fuori per sostenerli. Così come tornare spesso sotto quelle detestate mura a portare un po’ di solidarietà a chi non ha mai smesso di lottare per la propria libertà.