Sfratto a sorpresa.

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In quel di corso Giulio Cesare 166, a pochi passi dal trincerone di via Sempione e a poche centinaia di metri da piazza Derna, intorno alle 10 e 30 di ieri mattina una famiglia è stata buttata fuori di casa senza preavviso. Da ormai un anno il custode giudiziario che rappresentava la proprietà, trattandosi di un immobile venduto all’asta in seguito a un mutuo non saldato, aveva decretato la sospensione della normale procedura di sfratto e rinviato a Tribunale e Questura la decisione su tempi e modi per risolvere il problema. In via Grattoni hanno pensato bene di cogliere l’occasione per mostrare per l’ennesima volta i muscoli in Barriera di Milano in continuità con le massicce e frequenti retate degli ultimi mesi. A giungere sul posto all’improvviso sono state quindi tre camionette di celerini e alcune auto di agenti in borghese; a casa c’erano solo i due adulti, perché i tre figli erano a scuola, e il caso ha voluto che stessero uscendo proprio quando sono arrivate le forze dell’ordine che non hanno incontrato quindi particolare resistenza. In quattro e quattr’otto l’appartamento è stato riconsegnato al custode giudiziario che, dopo aver fatto prendere in tutta fretta un po’ delle loro cose agli sfrattati, ha fatto cambiare la serratura al fabbro. Ultimo step per chiudere definitivamente l’uscio alle loro spalle.

Una mattina apparentemente normale si è trasformata in poche ore in un incubo per una famiglia che, come molte altre, ha speso tutti i propri risparmi per un mutuo per ritrovarsi dopo pochi anni senza casa.

Un incubo continuato nella sede dei Servizi Sociali a cui, una volta recuperati i figli a scuola, la famiglia sfrattata si rivolge per capire quali alternative alla strada hanno da proporre loro. Nessuna proposta arriva dagli assistenti sociali, che consigliano ai cinque di trovare riparo nel loro negozietto alimentare di pochi metri quadri e senza servizi igienici. Un invito rinnovato anche dagli agenti della polizia politica che hanno eseguito lo sfratto e che accorrono prontamente sul posto non appena gli sfrattati manifestano l’intenzione di non uscire dagli uffici senza uno straccio di soluzione alternativa. Alla fine la loro insistenza e cocciutaggine ha la meglio e alla donna e ai tre figli viene offerta una soluzione abitativa temporanea dall’altra parte della città. Il nucleo familiare viene separato e l’uomo deve arrangiarsi come può.

Una soluzione abbastanza comune in casi di sfratto, che fino a poco tempo fa veniva però offerta automaticamente quando erano presenti minorenni e che oggi deve essere invece ottenuta litigando per ore con sbirri e assistenti sociali.

Una dinamica facile da comprendere se tiene conto che in questo momento si stanno assottigliando sia le risorse a disposizione delle autorità locali che la forza di chi lotta. Ed è l’intrecciarsi di questi due elementi, la possibilità e disponibilità a concedere qualcosa e il livello della conflittualità sociale, che contribuiranno a determinare la fisionomia dei tempi che verranno.