Promenade e democrazia

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Abbiamo deciso di accompagnare anche noi, metaforicamente parlando, l’ex ministro Minniti nella sua passeggiata attraverso Aurora, durante la quale come nella migliore tradizione peripatetica ha dispensato ampie lezioni a tutti i presenti, quelle pillole di democrazia per le quali è tristemente famoso. Insieme a lui, a fargli da Cicerone o da uditori, il senatore Stefano Esposito, la consigliera Nadia Conticelli, il presidente di Circoscrizione Luca Deri e i membri dei comitati di quartiere. Questi ultimi, invero, più patetici che peripatetici.

La sua testa lucida come una lampadina ha saputo abbagliare i riflettori dei giornalisti proprio nel punto culmine di questa promenade: manco a dirlo ai giardini di via Alimonda, teatro del disagio e dell’insicurezza più assoluta! Minniti ha sostenuto che la formula perfetta per la riqualificazione della zona è un cocktail di tre fattori: presidio delle forze dell’ordine, risanamento dell’area da parte dei civich con l’obiettivo di scovare ogni povero che si annida in subaffitti e negozi trasformati in abitazioni e molte più telecamere. Insomma nulla di nuovo, forse solo detto meglio, in modo più completo e tutto assieme: controllo diretto, controllo remoto!

Sono le considerazioni apparentemente di contorno però che fanno drizzare le antenne sul futuro che ci si para davanti e su come in maniera congiunta, a dispetto delle tarantelle verbali tra partiti di governo e opposizione, apparecchieranno il tavolo per le lotte a venire. Tanto per iniziare il signor Minniti ribadisce come “il futuro della democrazia italiana si giocherà sulla sicurezza di piazze, periferie e integrazione”. E continua poi affermando come l’abbandono di questi luoghi e obiettivi non può che portare “conflitto dentro il popolo. E introdurre il principio del conflitto può essere dirompente”.

Ma ad assicurarsi che la conflittualità non si diffonda, proprio a partire da quelle piazze e quelle periferie in cui cova la rabbia di molti esclusi, è proprio il suo sostituto agli Interni Matteo Salvini, benché Minniti, nello squallido teatrino politico, si prodighi tanto a criticarlo. Basta dare uno sguardo alla bozza del decreto sicurezza bis per notare come, oltre alle aberranti disposizioni in materia di soccorso dei profughi in mare, ci siano una serie di contromisure passate abbastanza in sordina anche nei media mainstream, troppo impegnati a farsi santi (o demoni) sul fronte dell’accoglienza e dell’umanitarismo. La bozza prevede pene da 1 a 3 anni per chi si oppone alle forze di polizia con caschi e scudi, cioè con materiali principalmente difensivi, oltre che con l’utilizzo di materiali imbrattanti: pene da 1 a 4 anni per chi usa razzi, fuochi artificiali o petardi, così come bastoni e oggetti contundenti. Inoltre verrebbe eliminata l’assoluzione in sede penale per “particolare tenuità del fatto” rispetto ai reati di resistenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. Per non parlare poi della costituzione delle zone rosse nelle città, dal centro di Firenze proprio fino a Aurora e Barriera di Milano (leggi qui).

Insomma, il tutto riassumibile con una sola parola: immobili! Immobile e muto deve restare chi viene segnalato dalla Polizia Municipale e sbattuto fuori da cantine trasformate in alloggi di fortuna; immobile deve restare chi viene picchiato dalla polizia durante una carica in un corteo, a un picchetto di protesta o durante uno sciopero; immobile deve restare chi vorrebbe farsi sentire con fuochi d’artificio dentro a una prigione o davanti a un centro per immigrati clandestini. Immobili noi e intoccabili loro, politici, padroni e sbirri.

Minniti, Salvini, Di Maio e i loro seguiti lo vorrebbero, certo. Sia mai che invece le loro paure, quelle che ormai esplicitano chiaramente, non prendano vita, vita dirompente per l’appunto.