La dignità nel cuore di Barriera

Attorno a un tavolo scolorito dal tempo, in un cortile di Barriera di Milano, lì dove il trincerone incontra le vecchie popolari giallo sbiadito di via Maddalene, abbiamo incontrato alcuni ragazzi e ragazze che ci hanno raccontato una storia tutta particolare.

Nella prima parte un assaggio di cosa significhi vivere in Barriera di Milano ai tempi del coronavirus, tra vecchie e nuove ingiustizie sociali, tra la povertà e le difficoltà, ma senza mai perdere la dignità. Rimanere senza lavoro, schivare le multe sotto il lockdown per andare a comprare il pane o visitare un parente, la difficoltà di capire le prescrizioni governative e la natura di questo virus, sopratutto per chi non parla l’italiano. La stanchezza e il senso di oppressione, ma anche la voglia di aiutare chi, nella stessa barca, arranca più degli altri.

Nella seconda parte alcuni volontari che si sono organizzati nella pandemia per distribuire cibo nelle periferie raccontano come siano stati strumentalizzati dall’associazione Eco delle Città e dal suo direttore Paolo Hutter. Giornalista e attivista delle cause civili dal lato ufficiale, ruffiano sfruttatore dall’altro. La sua associazione gestiva anche il mesto progetto degli “Ecomori”, salito alla ribalta qualche anno fa non solo per per il nome dal becero richiamo coloniale, ma perché nei fatti si basava su un gruppo di ragazzi rifugiati che venivano impiegati in una serie di attività come recuperare il cibo a Porta Palazzo, pulire le strade della movida, aiutare all’uscita da scuola, il tutto a titolo completamente gratuito. Con quella retorica del debito che chi chiede protezione internazionale contrae col paese ospitante. Ma per questo figuro dei salotti sinistri di Torino non c’è limite di pudore.