I numeri del Viminale /2

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A oltre due mesi dall’ultimo bilancio sullo stato dei Centri di Identificazione ed Espulsione, i funzionari del Viminale hanno di nuovo messo mano alle calcolatrici. Nel corso di un’audizione di fronte alla Commissione migrazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, il viceministro degli Interni Filippo Bubbico ha diffuso i suoi dati: cinque Centri aperti su undici, oltre ottocento posti disponibili al momento. Confrontandoli con i dati diffusi due mesi e mezzo fa, sembrerebbe che lo stato di salute della macchina delle espulsioni sia in lento miglioramento: i posti disponibili sono aumentati, nonostante nel frattempo un Centro (quello di Milano) sia stato chiuso dopo una lunga serie di incendi appiccati dai reclusi. Nessun cronista tra quelli che hanno riportato e commentato la notizia ha dimostrato perplessità, neanche sul fatto che il numero totale dei Centri sia sceso inspiegabilmente da tredici a undici. Ma si sa, i giornalisti sono diligenti ed ossequiosi e non si fanno quasi mai domande scomode. Chiunque volesse interessarsi veramente dell’argomento potrebbe fare un rapido giro di telefonate – ai reclusi dei vari Centri ancora aperti o alle Prefetture, a seconda dei canali di informazione che preferisce – e scoprirebbe che la situazione non è quella descritta da Bubbico. Come abbiamo scritto pochi giorni fa, al momento i posti disponibili sono più o meno cinquecento, e con l’annunciata chiusura del Centro di Trapani Milo e di quello di Bari Palese verranno praticamente dimezzati.

Siamo convinti che al Viminale stiano truccando le carte, ma sia ben chiaro, non siamo qui per fare la guerra dei numeri con i funzionari del Ministero. Nelle dichiarazioni di Bubbico c’è qualcosa di ben più importante delle cifre, giuste o sbagliate che siano. Da sempre c’è chi spera che le pressioni della società civile possano in qualche modo influire sulle scelte del Governo, anche in tema di detenzione amministrativa dei senza-documenti. Dopo lo “scandalo scabbia” di Lampedusa in tanti, anche nel cosiddetto movimento, hanno iniziato a corteggiare i politici di ogni risma: ministri, parlamentari e addirittura semplici e inutili amministratori locali. Chi sperando di legittimare la propria battaglia, chi per coltivare una sponda istituzionale, chi per calcolo politico, chi per ingenuità. Per tutti costoro, le parole del viceministro saranno state probabilmente una bella doccia fredda. Stando a quel che ha detto Bubbico, al Viminale stanno semplicemente considerando «la possibilità di rivedere la disciplina dei tempi di permanenza all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione». Altro che chiusura, il Governo è al lavoro per «rivedere il capitolato generale d’appalto», «ampliare il novero dei servizi erogati» e addirittura «attivare nuovi Centri». Il primo di questi nuovi Centri dovrebbe aprire a San Giuliano di Puglia, un piccolo comune in provincia di Campobasso. Non è chiaro che tipo di struttura sarà, per ora sappiamo solo che in questo Centro «potranno essere ospitate fino a 1.000 persone, famiglie in particolare»: il che vuol dire, se questo sarà un Cie e non un Cara, che per la prima volta in Italia si applicherà la detenzione amministrativa anche ai bambini.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo, per i sinceri nemici della macchina delle espulsioni la strada da seguire è una sola: sostenere le lotte dei reclusi. Gli unici che in questi anni hanno accorciato i tempi di permanenza nei Centri grazie alle tantissime evasioni, gli unici che hanno concretamente chiuso i Centri, distruggendoli e bruciandoli. «Senza aspettare le modifiche di una legge che è discussa da anni», come giustamente faceva notare un sindacalista in divisa intervistato qualche settimana fa a proposito della situazione del Cie di Torino.