Gradisca, ovvero la voglia di libertà
A neanche una settimana dal massacro di lunedì i reclusi del Centro di Gradisca d’Isonzo hanno ricominciato a correre. Solo ieri hanno provato la fuga in cinque, due al mattino e tre al pomeriggio. Chi rompendo una finestra, chi scavalcando le mura o i cancelli di quel canile infame che in migliaia abbiamo potuto ammirare nel video uscito avventurosamente dalle gabbie solo tre giorni fa. Nessuno dei cinque è riuscito ad andarsene davvero, purtroppo: qualcuno è finito per sbaglio dentro alla struttura per richiedenti asilo che è li accanto, qualcuno è stato tirato di forza giù dal muro dai soldati, e l’unico che è riuscito ad arrivare nei campi è stato subito ripreso dalle pattuglie che in questi giorni sono in allerta e girano sempre in zona.
È la voglia di libertà che spinge, in tutti i modi. Con la rivolta aperta e la resistenza alla repressione. Col lavoro segreto di documentazione e con il coraggio di gridare a voce alta. Con l’intelligenza che ti permette di beffare chi ti guarda a vista giorno e notte. E ora di nuovo con il coraggio di correre e di scavalcare i cancelli, e ancora una volta di raccontare quello che sta succedendo. Anche se sei ricattato, privo di tutto, solo in una gabbia circondata da soldati armati che ti hanno già dato segno della propria ferocia.
Gli uomini del Ministro, ora, sono in difficoltà e accumulano una brutta figura dopo l’altra. Se lunedì hanno dimostrato di essere dei cani feroci, nei giorni successivi hanno dato prova di essere pure particolarmente stupidi: hanno taciuto imbarazzati quando tutti parlavano e si sono fatti sbugiardare nella maniera più plateale e clamorosa da una manciata di fotogrammi clandestini. Non sappiamo ancora se delle immagini terribili come quelle che sono circolate in questi giorni smuoveranno le coscienze abbastanza da trasformare l’indignazione in fatti concreti – sono tempi grami, questi, e fare eccessivo conto sulla sensibilità diffusa può essere un azzardo. Ma possiamo dire che dei piccoli risultati pratici ci sono già stati: il Prefetto è stato costretto a revocare il regime di semi-isolamento che vigeva nel Centro sin dalla rivolta di agosto e ha pregato polizia e soldati di usare per le buone maniere per un po’. Non è la libertà, ma non è neanche poco.
Ascolta il racconto delle fughe fallite:
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