Occupato il Consolato greco

12 dicembre. Verso le 11 di mattina, mentre era in corso il corteo per lo sciopero generale, un gruppo di compagni ha occupato la sede del consolato greco di Torino, dribblando astutamente i due agenti di pattuglia che dormicchiavano di fronte al portone. Per più di un’ora gli occupanti si sono trattenuti sui divani del viceconsole, dopo aver esposto striscioni e bandiere alle finestre. La Digos, arrivata con il solito cronico ritardo, non ha potuto fare altro che prendere atto della protesta. Intanto, una decina di solidali si è radunata di fronte al portone con volantini e striscione. Di seguito, il testo di uno dei volantini che la viceconsole è stata costretta ad inviare all’Ambasciatore di Grecia in Italia.

Una dura lezione

La Grecia è in fiamme. Gruppi organizzati di giovani e ribelli attaccano forze dell’ordine, carceri e tribunali, banche e supermercati. La morte del giovane Alexis, assassinato a sangue freddo da un poliziotto, è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che da troppo tempo era colmo di rabbia e di voglia di rivolta, e che ora sta straripando.

I mezzi di comunicazione ci raccontano che in piazza ci sono solo anarchici, cercando in qualche modo di ridurre il conflitto a una questione di minoranze di estremisti. Tuttavia, sebbene il movimento anarchico in Grecia sia tra i più forti al mondo, sia in termini di numero di compagni sia in termini di diffusione, quantità e qualità delle azioni di attacco (gli scontri con la polizia sono all’ordine del giorno, così come le bottiglie molotov), la rivolta greca è una rivolta sociale, perché sociali sono le sue motivazioni: disoccupazione, salari bassi, e inflazione galoppante. Condizioni sociali che toccano tutti, non solo gli anarchici, condizioni sociali identiche a quelle di tutti gli altri paesi, Italia compresa.

La peculiarità della Grecia, semmai, è che l’esperienza accumulata in anni di aspro conflitto sociale ha dimostrato a tutti che non c’è nulla di buono da sperare da parte dello Stato e dei padroni – e che tanto vale, quindi, provare a disfarsene.

In questi giorni si sprecano le dichiarazioni di solidarietà con i rivoltosi greci, anche da parte di chi non fa altro che cercare di rinviare la resa dei conti… alle calende greche! Facile esprimere solidarietà da migliaia di chilometri di distanza, facile quando il “disagio” lo provocano, e lo subiscono, gli altri. Altre sono le parole che si udirebbero, piene di ragionevolezza e di buonsenso, se una rivolta simile scoppiasse nelle nostre città, se la macchine che bruciano sotto casa fossero le nostre o quelle del nostro vicino. Ma che gli assennati si rassegnino: la lotta sociale sta assumendo ovunque la tonalità viste oggi in Grecia, e in Francia due anni fa: la tonalità del fuoco.

E no, non è davvero il caso di esprimere solidarietà ai rivoltosi greci, loro se la cavano benissimo da soli. C’è solo – e tanto – da imparare. Per esempio che l’unico modo per non pagare la crisi, è provocarla. Per farla pagare ai padroni, che se la sono cercata.