A chi girano i Maroni?

Cominciano a trasudare nervosismo i funzionari della Digos torinese delegati ad “attenzionare” – come si dice in Questura – i due redattori di //Macerie e storie di Torino// recentemente sottoposti alla misura della Sorveglianza speciale, nonché i loro amici e compagni.
Sembrerebbe impossibile, ma con la testa da questurini che si ritrovano erano convinti per davvero che dal giorno della notifica della misura di prevenzione in poi avrebbero potuto correre un po’ meno in giro per la città, evitandosi pure le lavate di capo rimediate in tutti questi anni per essere arrivati quasi sempre in ritardo: “ne blocchiamo due e facciamo paura a tutti gli altri”, pensavano.

Ne erano talmente convinti da convincere a loro volta il Tribunale a consegnare il “libretto rosso” con la lista delle prescrizioni con una settimana di anticipo rispetto ai tempi soliti e previsti. Ce li immaginiamo mentre baccagliano togati, cancellieri e segretarie pregando loro di fare presto, un po’ sullo stile dei tossici che alla biglietteria di Porta Nuova ti arpionano con le scuse più inverosimili per avere una moneta o un biglietto da cinque.
Tutto inutile, però. Notificata la sorveglianza, i tapini sono costretti a correre ancora. Una notte sotto al Cie, una mattina a ronzare intorno all’ultima nata tra le occupazioni torinesi, un pomeriggio a dirigere i reparti della celere in mezzo a San Salvario e poi ancora in tribunale e poi per le strade di Porta Palazzo. Ogni giorno ce n’è una nuova, e più di prima. Insomma: i compagni più vicini ai sorvegliati non si sono certo spaventati, anzi, si sono allargati e si stanno divertendo più che mai. Quelli meno vicini pure sono in piena attività, quanto prima e più di prima.
Non solo. Dal giorno esatto in cui la misura di sorveglianza contro ai due è stata notificata è ripartita una ondatata improvvisa e altissima di lotta dentro al Cie di corso Brunelleschi, e poi a Milano, e poi a Brindisi… un’onda che non si è ancora arrestata. Ma come? Non erano proprio gli anarchici, e i due sorvegliati in particolare, gli “ispiratori” di queste rivolte? Ed in più, se prima ad andare a far baccano la notte sotto ai Centri in lotta erano in dieci, ora ci vanno in cinquanta. E se prima i Centri insorgevano una volta ogni tanto, oggi insorgono due volte alla settimana: e vengono giù vetrate e muri.
I sorvegliati stessi, poi. Anche loro due non si sono mica levati dai coglioni. Sono sempre lì che dicono la propria alla radio, e agli orari più strani, che si fan vedere a lato di vietatissimi cortei, a spasso per quartieri dove è raro trovare qualcuno con la fedina penale pulita, e fanno capolino alle udienze dei ribelli di corso Brunelleschi.
Speranze infrante, dunque, quelle della Digos torinese. Certo, ai due redattori girano i coglioni a non poter andare dove e quando gli pare, a non poter frequentare chi gli garba, eccetera eccetera. Però se è vero – come dicono i giudici – che la sorveglianza non è tanto un castigo per qualcosa che è successo, ma un modo per prevenire quando potrebbe succedere, allora pare proprio sin dai primi giorni che qualcosa non funzioni, nei piani e nelle teste di poliziotti e magistrati. Peggio per loro. Perché sono loro ad essere nervosi, non noi. Noi siamo tranquilli e ridiamo loro in faccia, come al solito. Persino in pigiama. E se ci girano i maroni, sarà più difficile riuscire a sorvergliarceli.
(Chissà se è proprio per sfogare l’amarezza di questa speranza frustrata che due funzionari della Digos, l’altra sera, hanno deciso di andare a trovare i sorvegliati speciali. Niente di che, per carità: i nostri del resto se le aspettano le visite notturne e dormono comunque sonni tranquilli. Ma ci preme segnalarne la forma un po’ provocatoria e sgraziata: un po’ per le ore piccole – tra le 2 e le 4 –  e un po’ perché gli ispettori – visibilmente sovraeccitati – hanno proferito minacce, svegliato vicini di casa ed in un caso si sono spinti fino in camera da letto.)