Uno sciopero contro una truffa

Se sei un immigrato senza documenti, la Legge prevede che puoi essere recluso in un Cie fino a un massimo di centottanta giorni. E questo ormai lo sanno tutti. Se durante questi sei mesi hai la disgrazia di essere arrestato, allora vieni prelevato dal Cie e tradotto in carcere. È anche possibile che il carcere ti sembri un posto decente rispetto all’inferno da cui arrivi, ma questo è un altro discorso. Se poi hai l’indiscutibile fortuna di essere scarcerato, cioè di essere rimesso in libertà, allora scoprirai con un certo disappunto che per te, immigrato senza documenti, libertà vuol dire tornare dietro le sbarre del Cie da cui provieni. E questa è già evidentemente una beffa di pessimo gusto. Ma se poi scopri che il conteggio dei giorni che devi ancora passare nel Centro riparte da zero, allora è assai probabile che tu capisca di essere stato preso in giro.

Questa è proprio la storia di Mustafà, recluso da cinque mesi nel Cie di Torino, a parte una parentesi di tre giorni passati al carcere delle Vallette per il tentativo di evasione del 27 settembre scorso. Da una settimana ormai Mustafà è in sciopero della fame, perché pensa di aver passato già abbastanza tempo in corso Brunelleschi. Ma teme che la Questura possa chiedere il rinnovo della suo trattenimento, e che un Giudice di Pace possa convalidarlo. Ascolta la sua storia.

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(Intanto, anche a Modena la situazione si è riscaldata proprio questa mattina. Secondo alcuni lanci di agenzia, cinque prigionieri del Cie di via Lamarmora avrebbero inscenato una protesta, minacciando di dar fuoco ai materassi. La piccola rivolta, scaturita dopo il rifiuto da parte dei gestori di consegnare agli stranieri i cellulari, è stata sedata velocemente grazie all’intervento deciso di un po’ di volanti dall’esterno, che hanno arrestato due dei reclusi che protestavano e trasferiti altri due nel Cie di Bologna. A quanto pare, tutti e cinque erano reduci dalla grande rivolta di Caltanissetta.)