Condanne a Milano

Riceviamo e pubblichiamo il resoconto delle ultime due udienze del processo ai rivoltosi del Cie di via Corelli a Milano, arrestati per la sommossa del 15 gennaio scorso.

«11-12luglio In queste udienze sono stati ascoltati i teste della difesa, che hanno convocato la consigliera regionale di Sel, un esponente dell’ associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” Antigone e la dirigente del consiglio direttivo Arci. Questi testi, che in passato con non poche difficoltà hanno visitato i cie, han fatto emergere nei minimi particolari le condizioni di prigionia, in particolare quello di corelli a milano. Ne è emerso la grande difficoltà a visitare l’interno di questi carceri, il degrado della struttura con assenza di arredi, muri cosparsi di muffa, “sala benessere”(mensa) con sedie legate al tavolo, tipo quelle da campeggio, tutte rotte e sporcizia ovunque, la tv ricoperta da grate metalliche e l’impossibilità di scegliere i canali voluti, come anche la macchina automatica per le bibite ingabbiata e non funzionante. La presenza di quattro telefoni fissi nei corridoi non funzionanti; la croce rossa, che gestisce questo posto di tortura, da’ una tessera telefonica di 5euro alla settimana, ma non utilizzabile per telefonare all’estero, dal 2010 è stato vietato l’utilizzo dei telefonini cellulari. Docce non funzionanti e quelle utilizzabili con pochissima acqua, che crea immediatamente allagamento in tutto il bagno, con un forte odore di sporco e muffa. Totale assenza di vita sociale, completamente isolati ed impossibilità di contatti con l’esterno. L’assistenza giuridica, lo sportello informativo, la presenza di un interprete e la procedura per richiedere asilo politico sono solo scritti sulla carta ma in concreto non esiste nulla, i reclusi sono in totale abbandono di sé stessi e molti non sanno nemmeno il motivo di essere lì, non viene comunicato nulla, inconsapevoli delle procedure delle quali potrebbero usufruire. Nella normativa c’è anche la fruibilità di un servizio psichiatrico esterno, ma nessuno ha mai visto qualcuno, mentre l’abuso di psicofarmaci avviene ogni giorno all’insaputa dei reclusi e portandoli ad una dipendenza che annienta. La CRI gira con il mazzo di chiavi per aprire e chiudere le porte blindate, veri e propri carcerieri. Gli spazi sono limitatissimi, l’aria è in una zona ristretta sotto il sole cuocente d’estate e le intemperie d’inverno, incorniciata da alte reti metalliche, tutto è ingabbiato, con assenza di sedie e tavoli ed impossibilità di attività ricreative. Ognuno abbandonato nella sua disperazione. C’è solo la possibilità di giocare a carte. Tutto è video sorvegliato, tranne nelle camere da letto, dove sono presenti solo i materassi sopra reti metalliche, mentre intorno al perimetro della struttura c’è la presenza di un allarme sensore. “Impressionante la violenza delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa in numero superiore ai detenuti presenti”, dice una teste che ha avuto modo di sentire le urla e poi l’arrivo dell’autoambulanza, da quel giorno le è stato sempre negato il permesso di visitare l’interno del carcere. La responsabile dell’Arci ha dichiarato la deposizione di una denuncia fatta nel 2011. Nell’esposto si denunciava il pestaggio da parte della polizia di un cinese in seguito ad una perquisizione, l’incompatibilità delle condizioni di salute di un marocchino operato all’anca con applicazione di protesi nel cie dove non è possibile fare riabilitazione, la presenza di una persona con capelli e spalle bruciati, i numerosi episodi di autolesionismo e tentati suicidi, con totale assenza di cure mediche, solo psicofarmaci. Naturalmente l’inchiesta è stata archiviata. Poi è stato il turno di Massimo Chiodini direttore del cie e responsabile della croce rossa, deposizione alquanto vomitevole e calunniatrice, ha affermato di non conoscere i diritti degli immigrati e di non aver mai letto la circolare ministeriale dei diritti e dei doveri dello straniero all’interno del cie, oltre tutto ha avuto il coraggio di dire che all’interno della struttura c’è una ludoteca e biblioteca con libri in lingua e la presenza di interpreti, di assistenza umanitaria, di sostegno sociale, psicologico e legale, cosa di cui non appare nemmeno l’ombra. Altra deposizione aberrante quelle della Dot. Angela Pria capo dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno, posizione altolocata nei gradini superiori delle loro autoritarie gerarchie di merda. Ha affermato tranquillamente di non aver nessuna responsabilità nella gestione dei cie: “ogni struttura è a gestione autonoma locale, quindi di quello che succede nel territorio io non so nulla e non è di mia competenza, non diamo disposizioni e non comunichiamo con la prefettura, interveniamo se ci vengono segnalate disfunzioni, io detto le linee guida poi se vengano o no rispettate non è mia la responsabilità”. Insomma ognuno fa quel cazzo che vuole tanto è tutto protetto dalle alte mura e reti metalliche e nessuno è responsabile.
“Nessuna miglioria ma l’ abbattimento di tutti i muri!”

18luglio Ultimo giorno del processo con verdetto finale. Mancava la presenza di un imputato, che si è sentito male ed è stato portato all’ospedale per accertamenti sulle condizioni di salute. Le arringhe degli avvocati han fatto emergere le condizioni disumane dei cie e del VI raggio del carcere di San Vittore, denunciandoli luoghi dell’illegalità totale dove lo stato si contraddice nei fatti e nelle normative; han fatto decadere sia l’accusa di devastazione e saccheggio che l’incendio doloso, in quanto non c’è stata una minaccia all’incolumità pubblica e la mancanza di arredi conferma l’impossibilità del saccheggio; dalla testimonianza dell’ingegnere dei vigili del fuoco, l’inesistenza dell’incendio, non si è verificato la propagazione del fuoco ma solo fumo; l’attribuibilità dei fatti di complotto; l’avvenuto arresto illegittimo, emerso dalle dichiarazioni delle forze dell’ordine e dei loro responsabili; l’assenza di interpreti; l’assenza di elementi di colpevolezza da parte di tutti gli imputati, a parte i due ragazzi che rivendicano l’accensione del fuoco al proprio materasso. In conclusione chiedono per tutti gli imputati l’assoluzione per non avere commesso il fatto. La sentenza: l’accusa per devastazione e saccheggio è decaduta per insussistenza del fatto, gli imputati sono stati accusati di danneggiamento aggravato (in quanto struttura statale). Un ragazzo è stato assolto, a quattro è stato dato 1anno e 3mesi, a tre invece 7mesi. Tutti hanno già scontato 6mesi e con la condizionale tutti liberi. Erano felicissimi, ma purtroppo il viaggio và all’incontrario e da San Vittore, vengono trasportati in questura dove restano fino al giorno successivo, tutti dentro una gabbia. Il giorno seguente tre vengono riportati al cie corelli, gli altri cinque al cie Brunelleschi di Torino, dove vengono tenuti in isolamento. Dopo una settimana una persona è ancora in corelli, mentre altri portati al cie di Trapani e alcuni rimpatriati in Tunisia. I quattro ritornati in Tunisia sono ora liberi, per gli altri la tortura continua.
L’accusa di devastazione e saccheggio è decaduta e non poteva essere altrimenti, ma la loro libertà è ancora tortura e supplizio. Questi posti non dovrebbero esistere eppure continuano ad esserci e ne costruiranno altri, soldi sperperati per torturare, annientare e confinare.
Là dove c’è lo stato, non c’è libertà!

24-25luglio Trapani Milo 70 reclusi tentano l’evasione ma le forze del disordine questa volta intervengono con bombolette spray urticante accecando temporaneamente chi tentava di fuggire, solo uno è ora uccel di bosco! Il giorno dopo ritentano l’evasione ma il numeroso dispiegamento di sbirri li fa retrocedere, però uno riesce a dileguarsi Horria!»