Quando il Pd chiama…

Solo qualche ora per riposarsi, e poi riparte la mobilitazione contro lo sgombero di questa mattina in via Cuneo. Alle sei del pomeriggio le camionette sono ancora numerosissime in borgo Aurora a presidiare i dintorni della casa appena sgomberata, e allora i compagni della zona, gli sgomberati del mattino e la gente dell’assemblea contro gli sfratti del quartiere si danno appuntamento nella Barriera di Milano. Dopo una veloce e partecipata assemblea, durante la quale si conferma l’appuntamento in Borgo Dora per il 12 aprile, si decide di partire in corteo. Un corteo improvvisato, ma vivace e rumoroso:

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Quasi subito, i manifestanti si ritrovano di fronte la sede di via Cervino del Partito Democratico: è il partito degli affaristi e dei padroni, oltreché del Sindaco e del Presidente del Consiglio, e di questi tempi contestarlo è quasi una ovvietà. Così un po’ di gente si fa sulla soglia, volano urla e i muri si riempiono di scritte. I vecchi militanti stalinisti che si trovano all’interno si innervosicono e provano a dar qualche sediata e qualche spinta ai contestatori che, dopo qualche discorso alla folla assiepata ad assistere alla scena, proseguono il proprio percorso. Nel parapiglia, due fumogeni finiscono nella sede. Il corteo prosegue tranquillo lungo tutto corso Vercelli, e si scioglie ai giardini di via Montanaro. Poi, tutti sul 4 fino all’occupazione di corso Novara: nel tragitto, tra le risate, lo slogan «basta sfratti!» diventa «basta biglietti!».

La giornata sembra finita, ma non è così. Mentre i nostri continuavano la propria sfilata, infatti, da via Cervino qualcuno telefonava al Sindaco che, imbufalito, telefonava al Questore, che a sua volta telefonava ai funzionari della polizia politica che si annoiavano in via Cuneo. Ma come? Una decina di camionette a far la guardia ad una casa ormai vuota in Borgo Aurora mentre nella Barriera, a qualche centinaia di metri di distanza, un gruppone di scalmanati è libero di dar “l’assalto” alla sede del partito di governo? Proprio oggi, poi, che in Parlamento si è chiesto ufficialmente al Ministro di difender le sedi del Pd, da mesi sotto attacco? E così, per dimenticar la lavata di capo, le camionette sgommano fin davanti all’occupazione di corso Novara, dove i manifestanti oramai si stanno salutando. I celerini, bardati, si schierano con passo veloce di fronte al cancello che è stato chiuso in fretta e furia: hanno i manganelli pronti e l’aria di chi si vuol prendere qualche soddisfazione. Poi vedono che qualcuno è già salito sul tetto, che la casa è piena di gente, passeggini e bambini, che ci sono un sacco di curiosi in strada, e desistono:

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I celerini si ritirano in un angolo, e riescono a fermare sul momento solo tre compagni che non erano rientrati in casa per tempo e un passante dal look troppo alternativo. Durante l’ora successiva, quando tutto sembra tornato tranquillo e i manifestanti si sono oramai sparpagliati per il quartiere, fermano ancora quattro persone. Gli otto vengon portati in via Grattoni: sono le prede da presentare al Pd, probabilmente per i riconoscimenti. Ad uno viene sequestrata una bomboletta, mentre un altro viene accompagnato a casa per una perquisizione. Una coppia di compagni, che non erano tra i fermati, ricevono pure loro una sgradita visita a casa. I poliziotti, formalmente alla ricerca di “armi ed esplosivi”, sequestrano qualche carta.

La giornata finisce veramente intorno alle undici e mezza di sera quando gli otto fermati vengono tutti rilasciati, senza una carta in mano, un’accusa, o una spiegazione. Intanto, ad impedire nuove sorprese e nuove lavate di capo, le camionette continuano a pattugliare le strade di Borgo Aurora e della Barriera.