Sul 22 febbraio a Nantes

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Torniamo a distanza di poco più di un mese sul 22 febbraio scorso, per proporvi un gustoso e dettagliato racconto di quanto accaduto quel giorno a Nantes, durante la manifestazione nazionale contro l’aeroporto di Notre Dame Des Landes. Proprio negli ultimi giorni, e precisamente lunedì 31 marzo, sono state arrestate, per aver partecipato a questa manifestazione, nove persone che si aggiungono alle 14 arrestate il 22 febbraio. Chi volesse conoscere meglio questa lotta può consultare il sito Zone A Défendre che è sempre aggiornato e che contiene anche dei testi in italiano, per chi invece volesse ascoltare un racconto a caldo della giornata riproponiamo qui l’intervento a Radio Blackout di una compagna che c’era:

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Per alcuni, la manifestazione inizia sin dalle 7 del mattino con l’arrivo di convogli di trattori provenienti dalle statali e dalle tangenziali. Il corteo partito da Vannes conta 150 trattori, quello partito da Rennes non meno di 80. I convogli provenienti da Rennes invitano gli autisti che incrociano sulla strada a sintonizzarsi su «Radio imbottigliamento», una radio pirata che diffonde delle trasmissioni sulla storia delle lotte contadine. Tutti i contadini hanno messo sui loro veicoli la targa di Jean Marc Ayrault (primo ministro francese, principale sostenitore dell’aeroporto). Dalla ZAD un buon numero di persone sono già partite con i trattori. Nei paesi, al passaggio dei convogli, gli abitanti applaudono sull’uscio di casa.

Infine, 5 convogli convergono sulla tangenziale di Nantes e vanno a posizionarsi direttamente a Square Davier, punto di arrivo della manifestazione. Si contano 520 trattori, l’equivalente di un corteo di 3,5 km, quasi 4 contando anche i rimorchi. Su molti veicoli si può leggere la scritta «trattori attenti», segno che sono pronti ad andare sulla ZAD o in caso di bisogno entrare in azione nei luoghi dove vivono, per impedire i lavori, difendere i campi e le case. Una trentina di trattori raggiungono il ponte Morand, punto di partenza della manifestazione. Lì, a partire dalle 12, delle mense collettive accolgono i comitati locali arrivati con una sessantina di pullman da ogni dove. Un buon numero di persone viene ospitato a casa degli abitanti di Nantes o in quelle dei paesi attorno. Sin dal giorno prima un’agenzia di Vinci è stata già coperta di scritte e in città si vedevano delle persone percorrere in lungo e in largo le strade con zaini e cartelli per la manifestazione.

Verso le 12.30, un gruppo sbarca lungo il fiume Erdre con una zattera artigianale dotata di uno striscione che recita «resistance e sabordage». Durante la loro deriva mettono delle bandiere anti aeroporto su dei galleggianti. Nello stesso momento qualcuno fabbrica, su un albero a trenta metri dalla prefettura, una capanna, simile a quelle che hanno caratterizzato la resistenza nella foresta di Rohanne nel novembre 2012 alla ZAD…
Sin dalla vigilia, la Prefettura ha disposto delle griglie anti-sommossa tutto intorno al centro città scegliendo, all’ultimo momento, di renderlo inaccessibile ai manifestanti. Un intervento iniziale di un manifestante annuncia che benché il Prefetto dimostri di aver paura di noi «ciò non ci impedisce di manifestare». Alcuni abitanti ci informano che è loro vietato rientrare a casa. Ci sono dei controlli un po’ dappertutto. All’angolo di una strada a una persona sequestrano una vanga con la quale è venuta a sfilare.
All’inizio, intorno alle 13.15, si ha un p0′ di paura: si ha l’impressione di non essere così numerosi come previsto. Ma poi, abbastanza velocemente, le persone iniziano ad arrivare dappertutto. C’è un afflusso massiccio. La manifestazione si rivela immensa, sicuramente con un buon numero di persone che non sono mai venute a manifestare in strada il loro rifiuto all’aeroporto. Alle 14.30 la coda della manifestazione non è ancora partita dal ponte Morand mentre la testa è già al livello del cantiere. Così si snoda su delle arterie molto grandi un corteo compatto, lungo 3,5 chilometri. Nello stesso momento alcuni trattori risalgono dall’altro lato della zona rossa. Siamo decine di migliaia. È la più grossa mobilitazione contro l’aeroporto fino ad oggi e nessuno a Nantes può ignorarla.
Dalla testa del corteo si vedono arrivare alcuni carri carnevaleschi: una salamandra gialla e nera di quindici metri dondola tranquillamente. Un tratto-tritone gigante si insinua. Numerose maschere di animali esprimono il loro rifiuto della distruzione delle specie e di tutte quelle misure dette di “compensazione” (che in questo caso promettono il trasferimento, o la ricostruzione artificiale in un altro luogo, dell’ecosistema minacciato dal progetto dell’aeroporto). Ci si diletta a guardare centinaia di cartelloni fatti a mano con slogan tanto buffi quanto creativi. Per fare le cose in grande, un enorme striscione viene srotolato dall’alto di due impalcature da un lato all’altro dell’Avenue de Strasbourg in sostegno a chi si batte contro la costruzione del Tav in Val Susa. Il 22 febbraio é anche una giornata internazionale di solidarietà alle persone accusate in Italia di terrorismo perché sospettate di aver attaccato il cantiere del Tav. Al di là dell’opposizione all’aeroporto la manifestazione si intreccia visibilmente con molte altre lotte contro la pianificazione capitalistica e securitaria del territorio.

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Durante tutta la manifestazione un buon numero di persone si impegnano a dare un altro colore alla città e a segnalare alcuni punti particolari. Gli strumenti utilizzati vanno dall’estintore alle uova di vernice, dall’attacchinaggio di manifesti alle scritte sui muri. Si scoprono tecniche ingegnose per riprodurre all’infinito uno stencil che traccia la scritta «la polizia picchia la polizia picchia la polizia picchia …». Il Comune, un tribunale, un commissariato, delle telecamere di videosorveglianza, le griglie anti-sommossa con dietro gli sbirri vengono così ridecorati. Su un muro ridipinto non resta nient’altro che la traccia delle loro sagome in grigio sul fondo bianco che cola.
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Com’è prevedibile, l’agenzia immobiliare di Vinci, situata all’inizio del corteo, focalizza l’energia debordante dei manifestanti e non sopravvive al passaggio di tutte quelle persone che ci tengono a esprimere la loro collera contro il progetto dell’aeroporto. Durante il corteo l’agenzia viene imbrattata, poi sfondata, poi imbrattata di nuovo, poi distrutta e poi riimbrattata ancora. I mobili trovano la loro nuova sistemazione in strada. Tutto ciò servirà alla fine della giornata come sfondo per le foto-ricordo di alcuni manifestanti venuti con la famiglia.
Un po’ più lontano, alcune persone accendono un fumogeno sulle rotaie per avvertire i treni di non passare sui binari. Invitano in seguito gli altri a lanciare delle scarpe o «bolas artigianali» sui cavi. Quest’azione a sorpresa evidenzia il ruolo della SNCF (Compagnia delle ferrovie francesi) nella costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione. La colonna sonora varia durante la manifestazione. Un gruppo vestito di rosa forma una grande batucada «rythm of resistance» riunendo bande di diversi luoghi. Più in là alcuni rappers della Zad e di altri luoghi si alternano su un trattore con testi di critica sociale e di rabbia condivisa.
Due carrelli della spesa trasportano uno spogliatoio ambulante con all’interno indumenti per travisarsi. Da un impianto vengono scandite le pause del tragitto e vengono indicate le imprese che collaborano alla costruzione dell’aeroporto e del mondo che lo produce. Si susseguono interventi contro il turismo, la militarizzazione delle frontiere, le espulsioni, la neo-colonizzazione, e si invitano tutti a fare delle scritte. A metà del percorso vengono incendiate una trivella e una ruspa. Alcuni manifestanti disapprovano, ma si sentono non pochi urlare: «Così, gli sta bene!», soprattutto quando si capisce che si tratta di un cantiere di Vinci. C’è così tanta gente sparsa ovunque che è impossibile capire quello che sta succedendo.
All’incrocio dei tram la testa del corteo si accorge che il Cour des 50 Otages è ben bloccato da griglie anti-sommossa, cosa che, anche a memoria dei più vecchi e agguerriti militanti di Nantes, non è mai accaduto. Invece di fermarsi come previsto a Square Davier, la testa del corteo si fa beffa del Prefetto. Due trattori accerchiano velocemente alcuni mezzi della polizia e si piazzano sul ponte Ododin. Alcune migliaia di persone si dirigono quindi verso l’Ile Beaulieue, un punto simbolico della metropoli e della gentrificazione, con le sue aziende high-tech, i suoi docili artisti e le loro enormi opere, il suo mega tribunale, il centro della Fnaeg dove sono archiviate le schede personali di Dna. Tutto ciò non sembra far troppo piacere alle autorità e poco dopo, appena il corteo si dirada, la polizia chiude il ponte e ne vieta il passaggio.
Nello stesso tempo, a Commerce, la situazione si scalda di fronte alle griglie anti-sommossa che da molti sono viste come un affronto. Anche se il dispositivo poliziesco sembra solido, si resta lì per dimostrare la propria rabbia di fronte al divieto di manifestare, di fronte alla testardaggine del governo e alle sue minacce di ritornare alla Zad per distruggere tutto, e per mostrare loro che si è forti. All’inizio alcuni battono a mani nude sui pannelli di plexiglass e sulle griglie, prendendo in giro gli sbirri. Poi, in un gesto di sfida alcuni trattori si piazzano di fronte alle griglie. La tensione sale a poco a poco e partono i primi lanci. Gli sbirri rispondono prontamente con granate assordanti, lacrimogeni e flashball a go-go. Il prefetto sembra dare una piccola dimostrazione del casino che poco tempo prima, durante l’operazione César, aveva provocato alla ZAD. I suoi idranti si impegnano con continuità a ricreare una zona umida anche all’interno della città. Una parte dei manifestanti non si lascia compensare né spostare.
Per più di due ore in molti attaccano le griglie, disselciano il porfido, lanciano tutto quello che passa loro sotto mano. Per un momento un trattore si diverte a bloccare il getto di un idrante. Degli arpioni vengono agganciati alle griglie e alcune decine di persone si mettono a tirare. In risposta alle esplosioni delle granate lanciate dalla polizia, alcuni fuochi di artificio partono dalla folla e illuminano il cielo. Tutto attorno alcune migliaia di manifestanti restano a guardare senza prendere parte attiva negli scontri, non si impauriscono e non si allontanano. Alcune centinaia di voci continuano ad accompagnare, gridando «No all’aeroporto», chi corre verso le griglie. Molti discutono, commentano, bevono un bicchiere, si ritrovano ridendo e entusiasmandosi nonostante gli occhi resi umidi dai lacrimogeni.
Un ufficio dei controllori della Tan (Trasporti pubblici di Nantes), in mezzo a due linee di tram, va in fiamme. A qualche decina di metri la vetrina dell’agenzia di viaggio «Nuove frontiere» cade. Un commissariato all’angolo viene imbrattato, sfondato e messo sotto sopra; tra i presenti gira la proposta di invaderlo per farci una festa. I trattori rimasti vicino alle griglie sono in una situazione delicata e si ritirano pian piano.
Alle 15.30, a 300 metri dal blocco della polizia, nonostante le esplosioni migliaia di persone rimangono ad ascoltare tranquillamente gli interventi dal palco. C’è un continuo via vai di gente. Alcuni contadini iniziano con dei trattori a scavare uno stagno nella piazza, per fare a gara con la Prefettura che vorrebbe realizzarne di ancor più belli attorno alla ZAD. Una parte dei manifestanti rimane dietro senza capire quello che sta succedendo.
Verso le 18 tutti si ritrovano per un momento nella Square Davier giusto il tempo di una piccola festa trash. Cè molta gioia. Si passa da «Paint it black» alla techno spinta, la gente balla mentre i blindati e gli idranti avanzano a poco a poco, preceduti dalle cariche dei poliziotti anti-sommossa. I trattori vanno via. Qualche migliaia di persone rimane lì continuando a scontrarsi con la polizia che impiegherà più di due ore a riprendersi la piazza. Non si fanno sconti e il numero di feriti gravi è alto: una mascella sfondata, un naso fracassato… L’indomani un manifestante, raggiunto in pieno volto da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo, perderà un occhio.
Scambiando qualche parola lungo il cammino di ritorno, è chiaro che non tutte le iniziative svolte durante questo corteo sono state condivise; hanno creato tanto malessere e dubbi in alcuni quanto entusiasmo in altri. Nonostante questo, in nessun momento abbiamo percepito una folla impaurita, ma piuttosto un movimento unito, composito e solidale. Tutto ciò ricorda la convivenza di forme eterogenee di resistenza agli sgomberi durante una giornata decisiva come quella del 24 novembre 2012 nella foresta di Rohanne. La sera stessa ciò che si percepisce tra la gente è la forza data dagli accadimenti della giornata.
Per il potere, una manifestazione come questa, con tutta la sua diversità, è assolutamente insopportabile. Non tanto forse per qualche vetrina distrutta e qualche macchinario incendiato, per qualche agente di polizia contuso e qualche barricata eretta, ma piuttosto per il numero di persone rimaste in piazza durante gli scontri. Ed è ancor più grave per le autorità, che gli organizzatori della manifestazione rifiutino di cadere nella loro trappola e che esprimino, la sera stessa, con un comunicato comune  le seguenti parole: «…La Prefettura ha scelto di mettere Nantes sotto assedio e di impedirci di essere visibili nel centro città. È la prima volta che hanno impedito ad una manifestazione di raggiungere il Cours des 50 otages. Una parte del corteo è passata per l’isola Beaulieue. Un’altra ha provato a passare per il percorso inizialmente previsto e ha avuto a che fare con una repressione poliziesca violenta, con lanci di flashball, gas lacrimogeni e granate assordanti. Questo non ha impedito ai manifestanti di rimanere in massa nelle strade di Nantes fino alla fine. In questo movimento esistono differenti modi di espressione. Il governo è sordo davanti alla contestazione contro l’aeroporto e non ci stupisce che una certa rabbia si esprima. Cosa potrebbe succedere se si arrivasse ad un nuovo intervento sulla Zad? Questa giornata è un successo e le diverse componenti della lotta sono rimaste unite sul territorio. L’opposizione non fa altro che crescere da 30 anni. Il governo non ha altra scelta che quella di abbandonare il progetto dell’aeroporto.»
A partire dal giorno dopo, il rullo compressore della politica, il Prefetto Ayrault e Valls (ministro dell’Interno) tentano insieme disperatamente di dividere il movimento, di isolarne una parte e di stigmatizzarla. Si tratta di descrivere gli occupanti della Zad come guardiani di «un campo di addestramento alla guerriglia urbana» o come «un movimento armato», un tumore maligno da sradicare… La ricetta è la solita: incapaci di accettare l’idea che una rabbia contro la repressione poliziesca e i promotori dell’aeroporto possa diffondersi, si punta il dito su dei fantomatici gruppi di «black bloc», manipolatori e stranieri. Per questo motivo il potere manda i suoi esperti a vomitare una valanga di caricature grossolane sull’argomento, che Libération (quotidiano vicino al partito socialista) e altre testate presentano sapientemente sotto la forma d’inchieste giornalistiche. Si stanno impegnando a trovare pretesti per sgomberare di nuovo la Zad e poter colpire molto forte alcuni per mettere paura a tutti gli altri, come in Val di Susa. Nonostante ciò sanno bene che sul territorio e anche altrove, la rabbia potrebbe essere ancora più intensa e condivisa se si intestardissero a lanciare una seconda operazione «César».
Senza paura del ridicolo, tutta la stampa in coro, ci parla di una Nantes devastata. Ci si aspetta un campo di rovine a perdita d’occhio. In realtà i cambiamenti provocati al paesaggio urbano non sembrano impedire agli abitanti di Nantes di passeggiare a lungo dove vogliono. Se si deve parlare realmente di devastazione e di violenza si dovrebbe spendere qualche parola sulle case distrutte, sui campi depredati e sulle decine di persone gravemente ferite da più di 1200 poliziotti alla Zad durante i cinque mesi di occupazione poliziesca. Forse dovremmo ricordare che il Prefetto ha appena firmato le ordinanze di inizio dei lavori e ora pretende di ritornare per distruggere definitivamente tutto. Ci chiedono oggi di rifiutare qualsiasi idea di violenza e di dissociarci da chi brucia i macchinari, rompe le vetrine, assalta i loro dispositivi. Ma nessuno qui dimentica che se ci fossimo accontentati di fare dei sit-in in strada e di negoziare quando gli sbirri sono arrivati il 16 ottobre 2012, non ci sarebbe oggi più nessuno a parlare della Zad. Anzi, senza alcun dubbio, la Zad non esisterebbe più.

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I giornalisti, che sono tanto affascinati dagli “scontri” almeno quanto ne rifiutano la validità, diffondono la paura, creano delle categorie, cercano di derubarci dei nostri ricordi. Tutto ciò può destare una certa impressione, ma non essendo la prima volta che succede, non ha mai impedito a questo movimento di riprendersi e di rinforzarsi. La cappa di fumo che cercano di far cadere sulla manifestazione non ci farà mai dimenticare la vitalità di questa giornata, la gioia di sentirsi così numerosi, i sorrisi e la rabbia condivisa. Qualsiasi cosa dicano, questa manifestazione é stata un momento raro e prezioso, una tappa ulteriore di questa lotta.
L’aeroporto non si farà!