Una giornata in quartiere

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Un sabato come tanti: le chincanglierie, la merce più differente stesa su banchetti o teli al suolo, ingorghi nelle vie strette e acciottolate, nuguli di gente in strada. Poco più in là la piazza con l’odore di frutta e verdura scaldata dal sole, il frastuono delle urla degli ambulanti, il sudore sulle fronti aggrottate dalla fatica di chi carica e scarica la merce. Un ritaglio di città densamente vissuto quello di Porta Palazzo. Ancora carico di tensioni, al contrario di come se la immaginano coloro che hanno progettato o partecipano al processo di riqualificazione del quartiere.

È sotto la casa occupata tra via Lanino e canale Molassi che ci si incontra con i compagni ritornati in città da pochi giorni a dispetto del divieto affibiatogli dal Gip Pasquariello.

La cassa sistemata sul balcone della casa amplifica le parole di una compagna che racconta gli ultimi avvenimenti all’interno delle mura del Cie di Corso Brunelleschi. Continua ormai da un mese e mezzo lo sciopero della fame di Montassar, il ragazzo tunisino che sta portando avanti una protesta individuale contro l’espulsione e che da una settimana ha iniziato a non bere più. La polizia pare abbia posto la scelta tra la morte e la deportazione, Montassar tra la morte e la libertà, fuori dal Cie. L’isolamento imposto al digiunante è totale, la polizia si sta preoccupando affinchè la comunicazione tra chi è in isolamento e gli altri reclusi non avvenga in nessun modo. Durante la giornata arriva la notizia di un ragazzo espulso con la forza: dopo essere portato all’areoporto di Caselle viene malmenato al tentativo di resistenza, poi addormentato con tre punture per poterlo spedir via più tranquillamente, fino a Roma, infine su un volo Alitalia in Marocco. Le notizie che arrivano da dentro il Cie s’intrecciano con quelle degli amici e dei parenti dei reclusi, con chi nel Cie c’è stato o rischia di finirci perchè senza un documento in regola in tasca. Gente che gira per le stesse strade.

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Nel primo pomeriggio l’appuntamento si è spostato sotto la casa in via Borgo Dora 32. Non un posto a caso, ma uno dei pochi luoghi ancora non interamente trasformati dall’imbellimento del borgo, anzi, lì si disvela parte della crudità e della violenza di ciò che è la riqualificazione. Al numero 32 gli inquilini sono tutti sotto sfratto poichè un nuovo padrone ha acquistato a prezzo irrisorio l’intero edificio e ha deciso di continuare le pratiche contro chi era già insolvente e di non stipulare nuovi contratti con gli altri. Per ora le carte della procedura navigano in gran parte ancora in Tribunale, ma alcuni degli inquilini si sono già preparati a rimanere.

Così mani esperte hanno disegnato un murales sul muro della casa, mentre nella piazzetta adiacente i compagni con divieto o senza, amici, affetti, solidali, gente con lo sfratto o senza s’incontrava.

Intanto la vita a Porta Palazzo scorre, interessi e bisogni diversi sfrigolano tra di loro lungo lo scorrere di giornate calde, a volte si odono scoppiettii. Come giornate afose turbate da improvvisi temporali.