Scovandolo in mezzo alla città
Ieri pomeriggio, in via Boggio, la tranquilla lezione del professore del Politecnico nonché vicesindaco Guido Montanari è stata interrotta da una quarantina di persone che hanno fatto irruzione nell’aula al grido di “BASTA SFRATTI, BASTA SGOMBERI”. Persone minacciate dallo sfratto, occupanti di case e solidali, tra cui alcuni compagni che stanno violando il divieto di dimora, hanno ribadito al vicesindaco la propria determinazione a lottare, la voglia di resistere e non farsi cacciare dai palazzi e dalle strade di Aurora e Barriera di Milano, la loro vicinanza ai quattro compagni arrestati per un picchetto.
Ma perché proprio il signor Montanari? I motivi a quanto pare sono molteplici.
Perché, tanto per iniziare, il 4 ottobre durante uno sfratto in via Borgo Dora 39 un tizio dell’assesorato in carica al vicesindaco aveva fatto capolino al picchetto sotto casa, millantando di prendersi in carico il problema contattando personalmente il padrone di casa. Inutile dire che non si è più fatto sentire. La palazzina di via Borgo Dora è per metà sotto sfratto e per metà occupata, tutti gli abitanti condividono il problema della casa e alcuni poco prima avevano deciso di scrivere una lettera indirizzata a Montanari in cui spiegavano la loro situazione. A fronte delle parole inutili blaterate dal vicesindaco e dal suo tirapiedi, ieri, insieme a tante altre persone, gli hanno voluto ricordare che farebbero meglio a tacere.
Perché la sua amministrazione sta ampiamente esprimendo la reale volontà di trasformazione dei quartieri popolari soggetti a pesante riqualificazione, pronta a supportare chi chiede a gran voce lo sgombero delle case occupate, tra cui il palazzo di corso Giulio Cesare 45. Questa volta alcuni abitanti hanno voluto ribadire che, dato che il governo di questa città non ha la minima intenzione di dare una casa a tutti, continueranno a occupare e sono determinati a non farsi sbattere per strada così facilmente.
Perché la dottrina di cui è portatore ha il suo sporco ruolo in tutta questa faccenda, la Storia dell’architettura contemporanea è una Storia fatta di violenza. La violenza di chi stipava famiglie operaie all’interno di alveari popolari, preoccupato che la manodopera potesse dormire e riprodursi per riprendere la produzione nelle grandi fabbriche il giorno seguente. La violenza di chi oggi ripulisce un quartiere a colpi di manganello per fare posto alle linee curve e verticali di un nuovo Centro Direzionale.
Perché infine, ma non meno importante, è più facile prendere alla sprovvista la controparte dove meno se lo aspetta, dove non ci sono camionette della polizia a presidiare come durante l’ultima incursione al Consiglio della Circoscrizione 7. Si va, si crea un po’ di scompiglio e si riparte, consapevoli che il signor professore nel prossimo futuro ha un lungo calendario di conferenze su cui meditare.