Aurora quartiere smart vol.4 – faglie

In Aurora quartiere smart vol.3 – nuvole tetre, abbiamo parlato di Largo Brescia come una di quelle zone di frattura in cui le nuove politiche della città prevedono l’installazione di poli produttivi, nella fattispecie la Lavazza, in grado di ricompattare le funzioni economiche di  sfruttamento urbano e gli attori sociali ad esse legate lungo direttrici di sviluppo territoriale ben determinate.

Queste direttrici non rispettano quella che si pensa essere la forza centrifuga che dal centro s’irradia per cerchi concentrici al resto della città, alle periferie, ma si stagliano lungo i quartieri a seconda dell’interesse differenziato che questi ricoprono all’interno di un nuovo assetto flessibile di pianificazione urbana, quello che cerca di reimpostare la vita sociale e la sua valorizzazione creando in primis il suo substrato materiale. In questa visione del capitalismo contemporaneo la creazione dell’offerta (termine usato nella sua accezione di mercato) di occasioni di vita differenziate, miste, tra le quali scegliere il proprio percorso di produzione e di consumo, si fonda sulla struttura della “rete”, non solo relazionale ma anche spaziale, con i giusti collegamenti infrastrutturali e, non meno importante, immaginifici tra pezzi di città.

Le strade che attraversiamo nel quotidiano sono tempestate di terribili spettri dell’economia industriale che padroni e governanti vedono come fratture da ricomporre, come nodi strategici a cui dare molteplici nuove destinazioni d’uso: spazi per uffici, per la cultura, per il commercio, per l’intrattenimento e per la residenzialità. La ricomposizione avviene scompaginando la suddivisione amministrativa in quartieri e talvolta collegandoli in un unica zona d’interesse. È questo il caso di Vanchiglia e di Aurora, accorpate da poco in un unica circoscrizione e, più in generale, pezzi di città destinati a un’unificazione in grado di attutire la spinta della giovane imprenditoria e della domanda di alloggi da parte degli studenti. Sono questi ultimi a essere un target  succulento per il mercato immobiliare e per la creazione di attività d’intrattenimento e servizi. Spinti fuori dal centro dopo il sostanziale smantellamento di Palazzo Nuovo, in molti sono costretti a trovare una nuova centralità d’interessi intorno al Campus Luigi Einaudi.

La struttura universitaria, complementariamente a quanto si diceva sulla Nuvola Lavazza, è un trait d’union, nello caso specifico tra i due quartieri. Ci sono già tutti i segnali per dirlo: la saturazione immobiliare e commerciale di Vanchiglia, lo smantellamento dei gasometri Italgas di corso Regina Margherita a favore di un nuovo complesso residenziale che fluidificherà l’attraversabilità verso nord, la trasformazione della zona di corso Verona con tanto di ipotetico progetto della seconda linea della metropolitana.

Il corso, che parte proprio dal ponte sulla Dora del Campus, rappresenta l’ingresso in Aurora che è composta non solo dall’omonima Borgata Aurora (quella attorno a corso Giulio Cesare) ma anche da Borgo Valdocco (quello inscritto tra via Cigna e corso Principe Oddone, limite ultimo prima della mesta Spina 3), Borgo Dora e Porta Palazzo, e in ultimo proprio Borgo Rossini (quello tra corso Novara e il centro, passando per via Catania, corso Regio Parco e per l’appunto corso Verona). Borgo Rossini non sempre viene associato al resto del quartiere per il fatto che ha mantenuto un tenore architettonico e di vita più alto, e questa dissociazione negli ultimi anni è stata incrementata da un’anticipata riqualificazione. Negozietti chic, botteghe costose e studi d’architetti non sono certo spuntati fuori negli ultimi mesi e ciò ha anche portato qualche rivista internazionale a promuovere le bellezze della zona attribuendole di sana pianta una nuova toponomastica: Regio Parco, nome che in realtà appartiene ai dintorni di piazza Sofia e della Manifattura Tabacchi, ben altre latitudini torinesi. Ma si sa che i nomi servono anch’essi a creare immaginari determinati e riconoscibili, come quello cool del borghetto in questione. L’esempio del Quadrilatero che prima della sua riqualificazione era considerato semplicemente come una parte di Porta Palazzo è sufficientemente eloquente.

Ma torniamo al punto di partenza, il ponte sulla Dora dal Campus verso Aurora. Notiamo che a un colpo d’occhio superficiale sembrerebbe ancora di vedere una faglia urbana, una rottura data dal fatto che in corso Verona e nelle vie limitrofe ancora sono presenti vuoti industriali e vecchie bòite, nome piemontese che indica le officine o le botteghe artigiane (e non a caso anche la prigione), con un chiaro riferimento al venire chiusi, inscatolati (dal francese boîte, scatola). Ma a ben guardare, come si diceva sopra, ci sono i segni di una trasformazione che andrà a colmare questa faglia e rimettere insieme i punti d’interesse: dall’università a Borgo Rossini fino ad arrivare alla Lavazza e al resto del quartiere.

Ecco qualche foto di una passeggiata nei paraggi.

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Il Campus Einaudi progettato dall’archistar Norman Foster, una testa di ponte verso corso Verona, verso Aurora.

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Lungo Dora Firenze, postazione sharing di auto elettriche.

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Corso Verona e Lungo Dora Firenze, nuove attività commerciali, soprattutto localini in stile vintage e copisterie.

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Via Carlo Michele Buscalioni, la recente chiusura di uno dei tanti marmisti cimiteriali della zona.

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Il cineporto di corso Verona nello spazio dell’ex Lanificio Cologno. La Commission Film Torino ha negli ultimi anni promosso tutta la città soprattutto per la produzione a basso costo di fiction.

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Il nuovo complesso residenziale di via Foggia 28 i cui appartamenti sono stati tutti acquistati. L’edificio è composto nella sua parte anteriore dall’ex fabbrica di aspirapolveri “Aspira”, di pregio architettonico-industriale. Nel 2011, prima dell’edificazione del resto della struttura, questa parte venne concessa per una manciata di settimane a un gruppo di artisti dell’associazione Urbe per creare una delle prime pop-up italiane. Diffuse soprattutto a Londra, le pop-up sono luoghi concessi temporaneamente perché in attesa di investimenti a giovani artisti o imprenditori per svolgere un’attività commerciale di qualche mese e per promuovere il quartiere. Un profitto veloce, diretto e indiretto dunque. L’ex fabbrica fu riempita di murales di creativi italiani e internazionali, attraversata da centinaia di persone invitate a passarci il tempo e a consumare cocktails e street art. Una volta finita questa colorata esperienza da capitalismo per gente carina, qualcuno pensò bene che andati via finalmente gli artisti dovesse essere occupata. Così divenne La Miccia fino allo sgombero del maggio del 2013. Sempre nello stesso anno ci fu in via Foggia un’altra occupazione presto sgomberata e, qualche traversa più in là, quella di via Mantova che ha avuto vita fino all’anno scorso.

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 Lì di fronte, un nuovo negozio di costosissime sedie in stile art déco.

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Via Catania e la sua passeggiata alberata tra i localini per l’intrattenimento notturno.

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Il Basic Village di corso Regio Parco, spazio multifunzionale con un supermercato, lo store di Robe di Kappa, grandi loft e vasti spazi per conferenze e uffici. Inoltre su idea della direttrice dello IAAD Laura Milani, nascerà al suo interno “La scuola possibile”. Si tratta di un istituto elementare privato dove, in linea con le tendenze avanguardiste della social innovation, i bambini sperimenteranno tempi, moduli didattici, compiti e rapporti con gli insegnanti differenti rispetto al norma scolastica dei disgraziati. La retta annuale per iscriversi ammonterà a circa settemila euro.

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Ristrutturazione di appartamenti di pregio su corso Verona e su corso Brescia. Di palazzi di fresca rimessa a nuovo c’è l’imbarazzo della scelta e in ogni cartello pubblicitario si vende anche il quartiere.

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Via Modena e punto di fuga verso la Lavazza.

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