Luglio al Cpr

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ANCORA FIAMME ALL’AREA BLU

Giovedì scorso dentro al Cpr sabaudo qualche recluso ha dato fuoco a una coperta nella “sala da pranzo” dell’Area Blu. Evidenziare un motivo solo che fa scatenare gesti rivoltosi non coglierebbe la complessità della situazione detentiva, soprattutto d’estate; il caldo asfissiante, il cibo marcio e i continui pestaggi delle forze dell’ordine sono sì le prime motivazioni che spingono l’azione, ma sono anche la punta dell’iceberg che viene covato da chi subisce la detenzione amministrativa. Forse era solo un gesto simbolico – chi può dirlo. Fatto sta che, anche se il fuoco si è spento subito, la minaccia di gesti simili per chi gestisce il Centro è continua quanto la voglia di libertà di chi è costretto a starci dentro.

Non è un caso infatti che si tratta del secondo tentativo di incendio in pochi giorni, il secondo dopo quello del 5 luglio per cui un ragazzo è stato di fatto accusato dell’accaduto e viene tenuto nell’isolamento, nella “stanza liscia”, senza letto, materasso, né coperte; dorme con un polso probabilmente rotto, a quanto pare è diventato pure tutto giallo e da giorni gli impedisce di dormire, ma non è mai stato portato in ospedale. Inoltre per almeno un giorno pare che non gli abbiano dato né cibo né acqua, ha “diritto” a una mezz’ora di aria al giorno.

SULLA DEPORTAZIONE DEI 13 TUNISINI

Quando fanno queste deportazione di massa se ne accorgono quasi tutti: le luci dell’Area si accendono in piena notte e un sacco di sbirri, militari e finanzieri invadono le stanze armati di manganelli. È difficile fare qualcosa. “Non vedi quante armi hanno. Ci ammazzerebbero di botte”, dice qualcuno. Un ragazzo, non vedendo altro modo per non essere deportato, si è tagliato davanti all’Ufficio Immigrazioni del Centro con una lametta che si era tenuto addosso ed è riuscito così a non farsi deportare.

Per tutto ciò che sta accadendo in questi giorni in Corso Brunelleschi ci arriva voce che siano arrivati dei rinforzi tra i ranghi delle forze dell’ordine, non si sa se è una misura momentanea.

COME PACCHI

Pare che la maggior parte dei tunisini deportati fossero approdati da pochissimo in nave in Sicilia, subito presi, sono stati portati in aereo da Palermo a Roma, poi da Roma al Cpr di Torino. Pochi giorni dopo, via al giro contrario: presi la notte del 5 nel Cpr sabaudo, da che sappiamo sono stati portati in aereo a Roma e da Roma a Palermo, forse per l’ultima identificazione al Consolato. E poi, Tunisia.