Da Lampedusa a Torino

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Incendio dopo incendio, danneggiamento dopo danneggiamento, e l’Hotspot di Lampedusa è di nuovo chiuso grazie alla rabbia di chi ci è stato imprigionato. Un veloce svuotamento per ristrutturarlo, hanno asserito dal Viminale il Capo Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, il Direttore Centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed il Sindaco di Lampedusa. Si vedrà se riusciranno a essere realmente così celeri.

Ciò che è arrivata in fretta dopo l’annuncio ufficiale della chiusura del centro ai confini dell’Europa è stata la autocelebrazione delle associazioni umanitarie e dei sindacati di base che, togliendo il merito ai rivoltosi, hanno propagandato di aver avuto un ruolo fondamentale, fino al punto più alto raggiunto da un certo titoletto di un gionale online che ha recitato: “Migranti, USB costringe Minniti a chiudere l’infernale lager di Lampedusa”. 

Miserie del mondo, quasi un cliché.

Intanto continuano ad arrivare ragazzi tunisini al Cpr di Torino provenienti proprio da Lampedusa: venerdì scorso dall’isola sicula sono partiti in ventiquattro, alcuni però sono stati tradotti direttamente al carcere di Agrigento, forse perché le autorità hanno riconosciuto loro un ruolo nelle rivolte degli ultimi tempi, mentre gli altri sono finiti in c.so Brunelleschi. Dei venti arrivati a Torino, il giorno dopo, dieci sono stati espulsi. Una repressione logistica e immediata, per loro, altro che titoli e medaglie! Anche ieri altri venticinque provenienti da Lampedusa sono arrivati nel Centro e vedremo nei prossimi giorni se deporteranno anche loro.

Il Cpr torinese è pieno, dopo le rivolte di novembre che hanno reso inagibili più stanze sembra essere tornato a pieno regime detentivo.

Colmo come è colma la misura della sopportazione.